In un mondo alla rovescia, dove per depositare i soldi in banca bisogna 
pagare (e non più farsi pagare), i conti correnti a costo zero sono rari, ma non 
impossibili da trovare sul mercato. A partire dalle banche multicanale o online, 
alcune delle quali offrono soluzioni a prezzi molto contenuti e tutto sommato 
complete dei servizi di base, come carte di debito e di credito e possibilità di 
pagare le tasse con gli F24 via Internet. In generale si può dire che in media 
un costo annuo accettabile per un c/c non dovrebbe superare le poche decine di 
euro l'anno (carte comprese). 
Per questo fa riflettere la novità che Intesa Sanpaolo introdurrà il prossimo 
1 agosto. In una recente comunicazione la banca ha avvisato i suoi clienti che 
sul conto corrente sarà applicato un rincaro mensile fino a un massimo di 10 
euro, ovvero 120 euro l'anno. L'importo dipende dall'anno di apertura e dalla 
giacenza media (calcolata nel 2016). E sufficiente aver acceso il conto prima 
del 2009 e aver avuto in media lo scorso anno 10 mila euro sul c/c per incappare 
nel rincaro. Gli aumenti si aggiungeranno ai canoni già in corso, esonerati 
invece i depositi che nel 2016 erano sotto quota 2 mila euro In generale sono 
colpiti tutti i conti correnti storici di Intesa come Zerotondo, che non 
prevedeva canone, e Conto Facile. In totale circa un terzo dei correntisti 
saranno interessati da questo aumento. 
Il motivo del ritocco? I tassi ai minimi. Non a caso le giacenze sui c/c 
ormai da tempo non sono più remunerate dalle banche. E ora i conti diventano 
perfino un costo per la banca, come ha scritto l”istituto guidato da Carlo 
Messina ai propri correntisti nella missiva che li avvisa del rincaro: «Negli 
ultimi anni la discesa dei principali tassi di riferimento sul mercato 
addirittura in area negativa ha determinato un persistente impatto sfavorevole 
sull'attività di deposito, gestione e remunerazione della  liquidità.  La Bce 
applica oggi un interesse negativo (-0,4%) ai soldi che le banche depositano 
presso di lei››. 
Anche i clienti di Deutsche Bank hanno avuto in queste settimane un’amara 
sorpresa: il gruppo tedesco li ha avvisati che a fine giugno saranno addebitati 
24,32 euro una tantum per coprire i versamenti della banca al Fondo nazionale di 
risoluzione legato alla disciplina sul bail-in (per i quattro gruppi falliti nel 
2015, Cariferrara, Banca Etruria, Banca Marche e Carichieti, le banche sane 
hanno dovuto versare 4,5 miliardi). 
Mossa simile per il Banco Popolare, che a fine 2016 ha applicato ai suoi 
correntisti una spesa di liquidazione di 25 euro. Ma questi aumenti non sono un 
caso isolato tra le grandi banche tradizionali. 
Tant”è che la Banca d°Italia di recente ha acceso un faro sulle modifiche 
unilaterali dei conti correnti, richiamando gli operatori al rispetto dei 
criteri di trasparenza e correttezza. Via Nazionale, con una comunicazione 
firmata dal governatore Ignazio Visco, ha chiesto agli istituti di riesaminare 
le variazioni decise da gennaio 2016, procedendo, nel caso, anche alla 
restituzione delle somme prelevate. 
Una conferma della presenza di rincari arriva anche dall'analisi di MF-Milano 
Finanza sugli isc (indicatore sintetico di costo) di un campione di conti 
correnti per le famiglie dei principali istituti italiani ed esteri attivi in 
Italia. L”isc serve a capire quanto costa davvero un conto corrente e a 
confrontare tra loro i vari prodotti. E un parametro elaborato secondo una 
metodologia omogenea fissata dalla Banca dlltalia (non comprende però l'imposta 
di bollo di 34,2 annui obbligatoria per legge e dovuta se la giacenza media è 
superiore a 5 mila euro). In base alle istruzioni in tema di trasparenza emanate 
nel 2009 dall'istituto centrale, le banche devono calcolare e pubblicare gli isc 
nei fogli informativi e negli estratti conto di fine anno. Questo isc serve a 
mostrare al consumatore il costo indicativo annuo del conto corrente, espresso 
in euro. 
Il valore è ottenuto sommando i costi annuali, fissi e variabili, del conto 
corrente modellati su sei profili tipo: giovani (164 operazioni all'anno), 
famiglie con operatività bassa (201 operazioni l”anno), famiglie con operatività 
media (228 operazioni), famiglie dall°operatività elevata (253 operazioni), 
pensionati dall°operatività bassa (124 operazioni l'anno), pensionati 
dallloperatività media (189 operazioni). Il correntista può così paragonare 
l”isc del suo conto con il totale delle spese effettivamente sostenute 
nell'anno. 
Grazie a questo indicatore, inoltre, è più facile e immediato confrontare i 
costi dei conti correnti offerti sia dalla stessa banca sia da istituti diversi. 
Ma l°isc viene anche aggiornato quando cambiano le condizioni e quindi permette 
di accertare se le banche hanno effettuato nel tempo eventuali variazioni, in 
negativo o in positivo, delle spese. Ecco perché MF-Milano Finanza ha raccolto 
gli isc dei conti correnti più comuni (a pacchetto) disponibili nell”ultimo 
aggiornamento delle note informative. E' stato considerato il profilo famiglie 
con operatività media. E questi valori sono stati confrontati con gli stessi isc 
che erano contenuti nelle note informative di inizio anno e con quelli di 
settembre 2016. 
Dall'analisi dei dati emerge che alcune banche hanno effettivamente aumentato 
i costi. D'altra parte, pur essendo in recupero, il momento non è dei più facili 
per i bilanci degli istituti di credito, stretti tra tassi bassi, impegni nel 
Fondo di risoluzione e commissioni legate all'asset management che 
rappresentano una variabile troppo legata all'andamento dei mercati per poterci 
costruire un bilancio. Di qui la tentazione di aumentare i costi dei conti 
correnti, che sono una voce fissa. 
Ebbene, tra i conti correnti che, rispetto alla rilevazione di gennaio, hanno 
registrato un aumento dell'isc ci sono Bnl (gruppo Bnp Paribas), Cariparma 
(Credit Agricole) e Ubi Banca. In particolare In Novo Conto Pratico ha visto 
salire il suo indicatore da 106,95 a 151,95 euro per l”operatività allo 
sportello, mentre l'isc per chi opera online è rimasto invariato. Quanto alla 
controllata dell'altra banca francese, il c/c Famiglia di Cariparma ha avuto un 
incremento dell'isc di quasi 10 euro (da 166,15 a 175,15 euro) per l'operatività 
allo sportello e altrettanto per il profilo di utilizzo online (da 127,79 a 
136,79 euro). Intanto l'isc del conto Qubì di Ubi è salito da 86,1 a 92,1 euro 
(sportello) e da 75,1 a 81,1 euro (online). 
C'è poi il caso di Intesa Sanpaolo che nell'autunno dello scorso anno ha 
sostituito lo storico conto Facile con il conto XMe, un c/c modulare con canone 
mensile di 6 euro (72 all”anno) che può azzerarsi se al conto è collegata una 
gestione patrimoniale di Eurizon Capital sgr o ridursi a 4 euro al mese se c'è 
l'accredito dello stipendio o della pensione. Per l'operatività allo sportello 
l”isc del conto XMe è di 187,8 euro (98,8 euro in promozione il primo anno per 
aperture entro il 30 giugno). Il conto Facile aveva, invece, un isc di 115,8 
euro. Nell'utilizzo online il primo ha un isc di 179 euro (90 in promozione) a 
fronte dei 95 euro del Facile.
Di fronte a questi rincari si più sempre scegliere di cambiare banca. 
Llentità di risparmio ottenibile passando da un conto all'altro può arrivare a 
100 euro, con picchi di 180 euro, come risulta dall”ultima analisi 
dell'Antitrust sui costi dei servizi bancari in Italia. Ma dall'ultimo 
osservatorio Digital Banking index di CheBanca emerge che la portabilità è 
ancora poco conosciuta e si diffonde lentamente. E quindi, sottolinea l”analisi 
di CheBancal, l'aumento di conoscenza dei vantaggi della portabilità per il 
cliente potrebbe generare nei prossimi mesi un forte impulso al turnover della 
clientela, ma deve essere promosso con un'adeguata comunicazione. 
In effetti sia la portabilità dei c/c e sia quella dei mutui esistono da anni 
(presero entrambe il via con i decreti Bersani del 2007 che per i conti 
abolirono le spese di chiusura), ma la prima, al contrario della seconda, è poco 
praticata perché, oltre alla scarsa conoscenza da parte dei risparmiatori, la la 
resistenza di alcune banche nel pubblicizzare questa possibilità e poi nel 
concreto nell”agevolare il cambiamento. 
Non a caso negli ultimi tempi si sono succeduti una serie di provvedimenti 
normativi per cercare di risolvere la questione. Da metà 2015 è entrata in 
vigore la nuova procedura per il trasferimento dei conti correnti previsto dalla 
legge 33 del 24 marzo 2015. In pratica la normativa di due anni fa prevede che 
chiunque intenda cambiare banca può chiedere al nuovo istituto scelto di 
occuparsi degli aspetti burocratici del trasferimento, basta compilare un 
modulo. Il cliente deve rivolgere la sua richiesta direttamente alla nuova 
banca, che provvede a inoltrarla alla banca originaria. Firmando la richiesta di 
trasferimento, il correntista identifica specificamente le operazioni richieste 
e autorizza la nuova banca e la banca originaria a compiere quanto necessario 
allo svolgimento del servizio di trasferimento.
Che si deve svolgere entro 12 
giorni lavorativi a partire dalla data in cui la nuova banca riceve la richiesta 
del cliente. Ma non sempre questo lasso temporale è stato rispettato. Ora però 
sono in arrivo novità destinate ad agevolare le procedure. Il decreto emanato a 
marzo dal Consiglio dei ministri, in attuazione della direttiva sui conti di 
pagamento (2014/92/ Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 
2014), ha previsto che, in caso di ritardo, la banca dovrà versare al 
correntista 40 euro maggiorati, per ogni giorno di ritardo, di un importo 
determinato applicando, alla giacenza del conto al momento della richiesta di 
trasferimento, il tasso annuo massimo previsto ai fini delllusura (fino a fine 
giugno è il 25,12%). L”obbligo di questo indennizzo scatterà dal 14 giugno. <
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