venerdì 28 giugno 2013

Migliori obbligazioni alto rendimento

Prosegue la valanga di nuove emissioni obbligazionarie high yield, equity linked, ibride e subordinate sul mercato europeo. Gli emittenti italiani non fanno eccezione, pronti a cogliere l'interesse degli investitori internazionali per titoli in grado di offrire rendimenti più alti di quelli dei bond governativi o degli strumenti di debito senior emessi da banche o corporate con rating investment grade.

D'altra parte, nonostante l'ultimo calo delle quotazioni di borse e bond, in risposta ai timori che la Fed possa iniziare a rientrare dalla politica monetaria espansiva e ai brutti dati macroeconomici relativi alla crescita cinese, il sentiment positivo di base resta e si presta a un ritorno di attenzione per gli investimenti più rischiosi. Un sentiment che gli emittenti fanno bene a cavalcare, visto che i rendimenti, pur interessanti per gli investitori, sono oggi ben più bassi di quelli che si vedevano soltanto un anno fa, mentre il mercato dei capitali si sta rivelando una via alternativa e conveniente al credito bancario. Anche per società non quotate e con merito di credito basso.

Anche in Italia si è registrato interesse per il mercato dei bond, non solo da parte degli emittenti corporate quotati e già noti al mercato, ma anche da parte di emittenti non quotati (come Rottapharm, Guala Closures, Cerved, Sisal, Buscaini Angelo, Teamsystem) e di emittenti corporate quotati ma mai andati prima sul mercato dei bond (come Ivs Group o Ei Towers). D'altra parte ormai quella dei bond è una strada quasi obbligata, se si vuol fare fronte alla «terza ondata di credit crunch», usando le parole utilizzate da Giorgio
Squinzi in occasione del suo intervento all'assemblea di Confindustria nei giorni scorsi. Il presidente degli imprenditori ha infatti sottolineato che «bisognerà puntare con vigore allo sviluppo di canali alternativi al credito bancario e al rafforzamento patrimoniale interrotto dalla crisi. Questo richiederà il rilancio del mercato dei capitali e la piena consapevolezza delle imprese del fatto che nel cammino verso la ripresa non potranno prescindere dal rafforzamento della propria struttura patrimoniale».

Un chiaro incentivo, quello di Squinzi, anche alla ricapitalizzazione delle società, con ricorso ai denari dei fondi di private equity oppure con capitali personali degli stessi imprenditori, che potrebbero decidere di reinvestire gli utili invece di pagarsi i dividendi oppure di monetizzare investimenti finanziari e immettere il ricavato in azienda. Una soluzione, quest'ultima, seguita nei giorni scorsi dall'imprenditore Romano Minozzi, che ha messo sul mercato, tramite private placement coordinato da Unicredit, la sua quota del 5,36% di Terna. L'imprenditore della ceramica ha infatti approfittato nei giorni scorsi dei massimi raggiunti dal titolo della società di distribuzione elettrica per monetizzare una ricca plusvalenza sul suo investimento, che risale al 2010, e reinvestire nelle sue aziende. Minozzi ha agito sostanzialmente come Paolo Scaroni un paio di settimane fa con le azioni della controllata Snam, seppure in quel caso l'amministratore delegato di Eni sia stato costretto dalla legge a cedere sul mercato la quota in Snam. Ma grazie a quella cessione, ha commentato Scaroni, la struttura finanziaria di Eni è oggi più forte che mai e il gruppo potrà permettersi di investire sino a 9 miliardi nei prossimi quattro anni.

La disponibilità degli investitori ad acquistare titoli più rischiosi ha riaperto anche il mercato delle cartolarizzazioni da parte di aziende corporate, mentre sino a poco tempo fa, almeno in Italia, a cartolarizzare crediti erano rimaste solo le banche e le società finanziarie, che poi portavano a garanzia in Bce i titoli derivanti dalle securitization per farsi finanziare a tassi bassi. Nei giorni scorsi Banca Imi ha strutturato per Il Sole 24 Ore una cartolarizzazione di crediti commerciali da 55 milioni a cinque anni. Sempre Banca Imi a fine aprile aveva strutturato per Gas Plus, quarto produttore italiano di gas naturale, la cartolarizzazione del portafoglio crediti verso clienti industriali e appartenenti alla fascia mass market per 35 milioni.

Dal punto di vista degli investitori, però, in questo momento le prospettive per questi titoli non sono certo più di ulteriore apprezzamento, dopo il rally degli ultimi mesi. Il grafico pubblicato nella pagina a fianco, elaborato da Unicredit, mostra infatti quanto si siano ridotti in media i rendimenti pagati dai bond corporate high yield in euro di vari emittenti europei rispetto a fine 2012 e a fine 2011. Per l'Italia il trend è molto evidente e per la Spagna lo è ancora di più: raccogliere denaro sul mercato obbligazionario agli emittenti italiani oggi costa in media il 5,54% l'anno contro il 4,54% dei pari categoria tedeschi e il 7,05% degli spagnoli, ma a fine 2012 gli italiani pagavano il 7%, gli spagnoli il 7,45% e i tedeschi solo il 4,56%.

Nonostante questo calo di tassi di mercato, resta comunque vero che i titoli di debito degli emittenti europei con rating al di sotto dell'investment grade offrono cedole e rendimenti molto buoni e quindi possono rappresentare un ottimo investimento. Ma attenzione: come sottolinea Morgan Stanley in un suo report appena pubblicato, la scelta del bond va ponderata molto bene perché le situazioni degli emittenti high yield possono essere molto diverse tra loro e le performance possono quindi essere anche molto diverse. Nel dettaglio, la banca d'affari Usa ha calcolato che su 300 bond monitorati dall'indice iBoxx Eur High Yield ben 200 hanno guadagnato da inizio maggio, mentre altri 50 hanno perso solo meno di mezzo punto percentuale.

Il problema però è che le performance negative cumulate dai peggiori 20 bond nello stesso periodo hanno più che compensato la somma delle performance positive dei migliori 200 bond. Il tutto per indicare che se si compra l'high yield sbagliato sono guai veri.

Fermo restando che per un investitore privato la scelta migliore da questo punto di vista resta quella di sottoscrivere un fondo d'investimento specializzato, aperto o chiuso (e ultimamente ne stanno nascendo parecchi), MF-Milano Finanza ha chiesto alla società di consulenza Tendercapital di selezionare dieci bond tra corporate e bancari in euro (si veda a tabella in pagina) accessibili a diverse tipologie di investitori retail e acquistabili in banca, a patto di avere una profilatura Mifid adeguata al rischio. Nicola Esposito, chief investment officer di Tendercapital, ha segnalato che «Hellenic Petroleum ed Espirito Santo presentano buoni fondamentali economici, ma scontano un'eccessiva percezione del rischio-Paese. Depfa, Hsh e Mps, emissioni subordinate, hanno un asset-liability management bilanciato e in costante riduzione, ma pagano la non ancora ultimata revisione del business model. Peach, attivo esclusivamente nei mercati immobiliari tedesco e svizzero, e Air Berlin, secondo career tedesco, hanno emissioni poco liquide, ma con un rapporto tra rischio e rendimento premiante, a patto di tenere i bond in portafoglio fino a scadenza. Peugeot, Faurencia, Refer e Sisal, società industriali e di servizio, beneficeranno invece della ripresa economica che potrebbe materializzarsi dal 2014».

Ma la ricerca di rendimenti ha portato gli investitori ad acquistare a mani basse anche bond molto più rischiosi rispetto ai senior, come i bond ibridi, cioè a metà strada tra obbligazioni e azioni. Il successo del collocamento del bond ibrido di Telecom Italia lo scorso marzo (una domanda di 3,4 miliardi per un'offerta di 750 milioni), ha spinto infatti Enel lungo la stessa strada, tanto che a breve porterà sul mercato un titolo da 2 miliardi. Anche in questo caso, c'è da scommetterci, la domanda sarà monstre. Non solo. Quanto ai bond subordinati, nell'ultimo anno vi hanno fatto ricorso le banche italiane e in particolare Mediobanca, che in aprile ha collocato sul Mot 500 milioni di bond subordinati del tipo Tier 2 dedicati agli investitori retail.

Sempre Mediobanca ora propone ai risparmiatori due bond a scadenza 2021 indicizzati al mercato azionario. Da lunedì 27 maggio, infatti, saranno quotati direttamente sul Mot i bond Sintesi in euro e in dollari (entrambi per un massimo di 200 milioni), che pagheranno per i primi due semestri una cedola fissa (del 5% nel caso euro e del 6% nel caso dollaro), mentre a partire dal terzo semestre pagheranno una cedola rispettivamente del 6% o del 6,5% nel caso in cui l'indice (Eurostoxx 50 oppure S&P500) abbia chiuso il semestre a un livello uguale o superiore a quello del 22 maggio fissato in emissione. Si tratta evidentemente di titoli che possono interessare a chi è ottimista sull'andamento dei mercati azionari, ma non troppo. Chi immagina che l'azionario possa ancora correre al ritmo degli ultimi mesi troverà più interessante investire direttamente in borsa.

È lo stesso ragionamento che hanno fatto gli investitori nei bond equity linked (cioè convertibili in azioni dell'emittente, ma con opzione per l'emittente di pagare l'equivalente in cash invece che in azioni) emessi nei mesi scorsi da Astaldi, Beni Stabili e Prysmian, dedicati però in quei casi agli investitori istituzionali.









0 commenti:

Posta un commento