mercoledì 19 aprile 2017

Obbligazioni Veneto Banca e Popolare Vicenza a rischio

Un (piccolo) passo avanti è stato fatto: secondo la Bce le due banche rispettano i requisiti minimi per accedere a una fetta dei 20 miliardi stanziati dallo Stato per puntellare le banche a rischio. Da qui a dire che le due banche siano salve ce ne corre: non era questo l'unico ostacolo. Ne è prova il bond Popolare di Vicenza (Banca Popolare di Vicenza 8,5% 28/12/2018, Isin IT0004781073): il suo prezzo non e certo balzato dopo queste notizie, anzi, è calato ulterionnente (da 30,47 di due settimane fa a 28,8 oggi), sprofondando a livelli sempre più bassi. Facciamo il punto.
Acquistando oggi 1.000 euro di valore nominale, pagheresti 310,23 euro tutto compreso (tasse, cedola già maturata, commissioni dello 0,5%...). Se Popolare di Vicenza sopravvivesse fino a fine 2017, incasseresti metà del valore nominale (500 euro) più una cedola di 64,6 euro (l”8,5% calcolato su 1.000 euro, meno il 26% di tasse). Totale 564,6 euro: un guadagno dell' 82% in meno di nove mesi! Se la banca sopravvivesse fino alla scadenza a dicembre 2018, incasseresti altri 532,3 euro (l”altra metà del capitale e la cedola sui 500 euro di capitale residui). Totale 1.096,9 euro, più del triplo di quanto investi oggi! Il problema sta tutto nel “se”. Popolare Vicenza sopravvivrà davvero fino a dicembre?

Popolare di Vicenza e Veneto Banca - le due sono i destinate a viaggiare di pari passo - hanno bruciato 3 miliardi e mezzo nel 2016 (1,9 miliardi la prima, 1,5 la seconda). Il patrimonio di Popolare Vicenza è crollato a 2,1 miliardi, quello di Veneto Banca a 1,8. Senza un intervento “esterno”, le due non arriveranno a fine anno: tanto più che sta accelerando la fuga di clienti e Cattolica, socia di Popolare Vicenza nella “bancassicurazione”, ha deciso in questi giorni di sciogliere la collaborazione per - parole sue - la grave incertezza del quadro emerso dal bilancio 2016 di Banca Popolare di Vicenza. Secondo problema collegato al primo: per la Bce le due banche hanno bisogno di ben 6,4 miliardi per sopravvivere, dopo le già consistenti trasfusioni di sangue di Atlante tra il 2016 e inizio 2017.

L'unico modo per raccoglierli sembra quello di accedere ai 20 miliardi pubblici, alternative non ce ne sono: di finanziatori privati non se ne parla e i soci di Atlante (in primis Intesa, che ha sborsato un quinto dei soldi di Atlante) non sono intenzionati a far finire in questo buco nero anche gli 1,7 miliardi residui. E nonostante il parere della Bce, l'accesso ai 20 miliardi non e scontato (sempre che 20 miliardi bastino, non si sa esattamente quanti ne succhierà Mps...). Ora c'e da superare lo scoglio delle negoziazioni con la Commissione europea, che vuole un piano di rilancio credibile. Inoltre, le due banche devono affrontare le cause di risarcimento agli azionisti. L'offerta di transazione, con cui puntavano a tacitare almeno l'80% degli azionisti turlupinati (risarcendoli del 15% circa di quanto da loro investito senza avere una corretta informazione), si è fermata a meno del 70% e quanto accantonato finora per le cause non è sufficiente.

Se anche tutto dovesse andare per il meglio e le due venete ottenessero i 20 miliardi pubblici, le regole europee impongono un sacrificio per gli obbligazionisti, soprattutto nel caso di bond subordinati come quello di cui stiamo parlando. Sicuro di incassare almeno i 564,6 euro di dicembre? Noi, sinceramente, no.

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