Facciamo il punto sui mercati finanziari
e sulle prospettive di investimento per il 2024.
Un anno che riceve il testimone
da un finale 2023 quanto mai brillante,
che però non deve farci trascurare
gli scenari di crisi e di debolezza.
Gli Stati Uniti sembrano aver
raggiunto il controllo dell’inflazione
e si giovano di un andamento occupazionale
mai così favorevole. Non
così l’Europa, è stato precisato, dove
alcune grandi economie, in primo
luogo quella tedesca, arrancano. Un investitore dovrebbe in ogni caso tener
sempre presente che il mercato finanziario
negli Stati Uniti vale più
della metà del valore globale.
Stiamo ritornando a una situazione di mercati
in cui l’obbligazionario svolge la sua più tradizionale opera di diversificazione
e stabilizzazione degli
investimenti, dopo la fase dei tassi a
zero e degli scossoni inflazionistici
post pandemia. Bene allora aprire
lo sguardo a mercati meno abituali,
emergenti o non più emergenti.
Sandrini ha ricordato i casi del Messico
e dell’India, due Stati che traggono
giovamento dal buono o dal
cattivo andamento dei loro rispettivi
vicini, gli Usa e la Cina.
I risparmiatori italiani, però,
sembrano aver preferito i titoli di
Stato, incrementando la percentuale
di questi titoli in possesso delle
famiglie italiane. Nulla di male
nell’avere BTp in portafoglio purché si abbiano bene presenti le
caratteristiche di questi strumenti
(soggetti, dall’emissione al rimborso
finale, a oscillazioni anche robuste
del loro valore) e purché non si
venga meno al fondamentale principio
di diversificare i propri investimenti
con più strumenti, non
dello stesso tipo.
Nel frattempo i prezzi dei titoli di Stato sono in rialzo e quindi rendimenti in forte calo per adeguarsi
ad aspettative di tassi più bassi in futuro.
I Bund tedeschi decennali una
settimana fa offrivano sul mercato un
rendimento del 2,42%. Martedì erano
già scesi al 2,24%. Mentre ieri sono arrivati
al 2,20%. Idem i BTp decennali:
dal 4,17% di una settimana fa, sono
scesi al 3,94% di ieri. Lo spread tra titoli
italiani e tedeschi è rimasto stabile
intorno ai 174 punti base, ma il livello
dei tassi è calato decisamente. E lo
stesso è accaduto negli Stati Uniti,
dove i Treasury decennali in una settimana
sono passati dal 4,27% al
4,11%.
Merito, appunto, delle «fantascientifiche
» attese su Bce e Fed.
A dispetto di quanto dice il presidente
della Banca centrale della Slovacchia,
i mercati non hanno aumentato le
aspettative sui tagli dei tassi a caso.
Possibile che la scommessa di sei tagli
sia eccessiva. Possibile che puntare
sul primo taglio entro marzo in Europa
sia azzardato. Questo è vero. Ma
una cosa è certa: l’economia sta frenando
bruscamente in Europa, e mostra
crepe vistose anche negli Stati
Uniti, mentre l’inflazione scende.
L’ennesima dimostrazione è arrivata
ieri. In Germania è emerso che
ad ottobre sono crollati inaspettatamente
gli ordini del settore industriale:
a livello mensile “adjusted” si
registra un calo del 3,7% su mese
mentre a livello tendenziale la riduzione
è del 7,3 per cento. Il mercato si
aspettava invece, su base mensile, un
+0,2%. Non poca la differenza.
In sostanza inutile guardare alle previsioni, meglio cercar su google
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