martedì 28 novembre 2017

I rischi di acquistare diamanti in banca

Mps assegnava budget sulle pietre alle filiali. Intanto Banca d’Italia ha chiesto dati precisi sulle procedure interne C’è più di un rischio che è stato sottaciuto ai risparmiatori nel collocamento dei diamanti attraverso le banche: le pietre erano presentate come “investimento sicuro” ma si sono dimostrate invece un azzardo, costruito su informazioni «gravemente ingannevoli e omissive» (parole dell’Antitrust).

Sono decine gli istituti coinvolti, con gemme piazzate a oltre 120mila clienti per un valore che supera i due miliardi. Il 30 ottobre l’Autorità ha sanzionato Intermarket Diamond Business e Diamond Private Investment, i due primi broker nazionali: 9,35 milioni le sanzioni al canale Idb (2 milioni al broker, 4 a UniCredit e 3,35 a Banco Bpm) e 6 milioni quelle al canale Dpi (un milione al broker, 3 a Banca Intesa, 2 a Mps).
Intanto da alcune delle banche sanzionate (le maggiori, ma non le uniche attive) cominciano a filtrare informazioni sulle pratiche commerciali. Documenti che testimoniano come il ruolo degli istituti non si limitasse a “tramitare gli ordini”, cioè a mettere in contatto i risparmiatori autonomamente interessati alle pietre e i broker, ma che anzi i diamanti, proprio per le alte commissioni che garantivano alle banche (sino al 20% del prezzo al cliente), erano inseriti nel budget delle filiali, in particolare di quelle più in difficoltà con il conto economico.

Fonti interne a Mps testimoniano che tutte le filiali della rete avevano assegnato un budget sui diamanti. Plus24, periodico settimanale del Sole 24 Ore,  ha ricevuto un’email, datata 2 aprile 2015, con la quale il Direttore territoriale mercato della zona Alta Padovana di Banca AntonVeneta (gruppo Mps) assegnava un budget mensile ai due settori delle 21 filiali di competenza per piazzare diamanti per 2,5 milioni. Ecco alcuni passaggi: «Visti i risultati di conto economico... è necessario attivare su tutte le filiali con gap commissionale... il grande acceleratore rappresentato dalla proposta diamanti nella misura di almeno 1/mln su settore A e 1,5/mln su settore B, con trattative da avviare e concludere entro il mese se vogliamo vedere riconosciute le provvigioni su c/e (conto economico, ndr) di giugno».

Il gap commissionale di cui si parla è relativo alla raccolta indiretta lorda (Ril), voce principale del budget mensile di filiali e centri private che si alimenta considerando solo le nuove sottoscrizioni lorde (non depurate dei rimborsi). Anche la Vigilanza della Banca d’Italia è scesa in campo con la circolare «Segnalazione presso gli sportelli bancari di attività di vendita di diamanti da parte di società terze», inviata nell’aprile scorso a tutte le banche. Via Nazionale scriveva che «l’acquisto delle pietre preziose sarebbe rappresentato dalle banche — e percepito dai clienti — come alternativo all’investimento in prodotti finanziari e avverrebbe in assenza di una chiara rappresentazione della rischiosità dell’operazione e dei relativi costi. Talvolta poi la vendita dei diamanti sarebbe praticata a un prezzo, definito dalle stesse società terze specializzate, di gran lunga superiore a quello di “mercato” che include le commissioni per l’attività di “segnalazione” svolta dalla banca, di cui il cliente non è a conoscenza. In alcuni casi risulta che determinate attività connesse con la contrattualizzazione avverrebbero nei locali della banca con l’intervento di un rappresentante della società terza e alla presenza di dipendenti della banca».

Via Nazionale ricordava che «la segnalazione della possibilità di acquistare diamanti non costituisce di per sé un’attività finanziaria», ma anche che «comporta comunque per le banche l’esposizione a rischi di natura legale e reputazionale, anche per effetto dell’affidamento riposto dai clienti sulla specifica professionalità delle banche, sia nella selezione che nella proposta delle operazioni». «Secondo quanto previsto dalle disposizioni di vigilanza per le banche, l’ingresso in una nuova area di business deve almeno assicurare che vengano pienamente valutati i rischi che ne derivano, la coerenza con la propensione al rischio e l’idoneità dei presidi di gestione e controllo approntati».

Perciò Banca d’Italia chiedeva alle banche di fornirle «puntuali riferimenti di merito» sulle valutazioni aziendali «a supporto della decisione di fornire il servizio» dei diamanti, sul «contenuto degli accordi» con i broker, sui «volumi operativi, in termini di controvalore e numero dei clienti, realizzati nell’ultimo anno, i criteri di selezione della clientela e gli eventuali effetti sulle politiche di remunerazione del personale», ma soprattutto «sui presidi organizzativi e di controllo, ivi compresi quelli antiriciclaggio, adottati per il contenimento dei rischi legali e reputazionali che potrebbero derivare alla banca». Le risposte andavano fornite entro 60 giorni dal ricevimento della circolare.

Se vuoi acquistare diamanti, che sia per investimento o per un gioiello, ti consiglio di leggere gli articoli di questo sito.

0 commenti:

Posta un commento