lunedì 23 marzo 2015

Tassi ai minimi- dove investire nel 2015 dopo il QE?

Anche i più ottimisti sul mercato obbliga zionario europeo non si sarebbero aspettati di vedere così presto lo spread di rendimento tra Btp e Bund decennali sotto i 100 punti. È successo venerdì 27 febbraio: il differenziale è sceso a 98 punti base. Non accadeva dalla primavera del 2010 e allora i rendimenti, anche quelli dei Bund, erano ben più elevati di oggi. Il rally dei titoli di Stato euro- pei è stato senza ostacoli sin dal settembre 2013.

spread btp bund 2015


E l’annuncio del Qe da parte della Banca Centrale Europea (il cui avvio è atteso a giorni) non ha fatto al- tro che accelerare il trend. Per capire la portata del movimento basta osservare qualche dato: il rendimento del Btp a 10 anni a metà settembre 2013 era anco ra al 4,6%, a inizio gennaio 2014 era già sceso al 3,9%, a fine 2014 era a 1,9% e ora quota a 1,33%. Contemporaneamente anche il tasso dei Bot a un anno è crol- lato dallo 0,9% di fine 2013 allo 0,2% di fine 2014 per arrivare ora sotto lo 0,13%.

Questi rendimenti sembrano risibili, ma almeno sono ancora positivi. In Europa invece sono ormai parecchi i titoli di Paesi core che offrono rendimenti negati- vi, cioè che in pratica chiedono soldi agli obbligazionisti. È chiaro quindi che oggi trovare alternative di investimento ai bond governativi o anche ai bond corporate investment grade è diventata una priorità, non solo per i grandi investitori euro- pei, italiani compresi, ma anche per gli investitori retail.

Perché di un rendimento dell’1,3% a 10 anni non se ne fa nulla nessuno, anche quando l’inflazione, come ora, è inesistente. Le cose non cambiano molto sul fronte dei bond corporate, specie se si tratta di emittenti considerati investment grade dalle agenzie di rating. Se infatti Eni rende meno dei titoli sovrani (offre solo l’1,273% al febbraio 2026), anche un emittente con rating inferiore all’investment grade, come Fiat, oggi rende solo il 2,1% al 2021. È evidente quindi che la ricerca di rendimenti più elevati passa per titoli an- cora più rischiosi o per asset in valute che si potrebbero rafforzare nei confronti dell’euro, a cominciare dal dollaro.

«Con i rendimenti dei mercati sviluppati ai minimi storici, un numero crescente di investitori si sta orientando verso il segmento dei titoli high yield», commenta Andy Burgess, product specialist di Insight Investment (gruppo Bny Mellon). Di fatto, si legge in un recente studio elaborato da Bny Mellon sulla base dei ri-sultati di un sondaggio condotto tra 23 gestori specializzati di sei società di investimento, questi bond «hanno conosciuto un picco di popolarità nel 2014, quando la maggior parte degli investitori si è rivolta a questo segmento del mercato del credito in cerca rendimenti più alti della media.

Per questa stessa ragione alcuni gestori credono che il segmento continuerà a registrare flussi di investimento robusti anche nel 2015, in uno scenario in cui le obbligazioni investment grade e i titoli di Stato di alta qualità offrono ritorni contenuti». Nella tabella pubblicata in pagina è riportata una selezione di titoli high yield italiani ed esteri che offrono rendimenti molto elevati. Il che però ovviamente significa che il rischio a loro associato è altrettanto alto. Non a caso l’importo minimo sottoscrivibile è spesso di 100 mila o anche 200 mila euro, a indicare che sarebbero destinati agli investitori professionali.
obbligazioni migliori 2015

Più in generale, considerando tutti i corporate bond, sembrano comunque da preferire oggi le emissioni in dollari e in sterline rispetto a quelle in euro, perché sono più attraenti dal punto di vista del prezzo. «Riteniamo che gli spread di credito europei ora siano più vulnerabili rispetto a quelli Usa, dopo l’importante restringimento che hanno registrato nel corso del 2014», commenta Peter Bentley, responsabile global credit di Insight. Il tutto sempre che si vo- glia restare sull’obbligazionario.

L’alternativa dell’azionario, infatti, in questa fase appare molto interessante, tanto che parecchi investitori istituzionali, la cui prudenza è spesso proverbiale, stanno aumentando l’esposizione verso titoli azionari ad alto divi- dend yield in grado di battere di gran lunga i rendimenti offerti dai bond corrispondenti. Tornando al mondo del credi- to, un’ultima alternativa è quella dei fondi specializzati in private debt. In questo caso si tratta però in genere di fondi chiusi riservati e quindi destinati agli investitori istituzionali e ai privati con patrimoni personali consistenti, visto che il ticket d’investimento in questi fondi parte da 250 mila euro.

In Italia ormai sono 29 i fondi di private debt censiti nel primo rapporto minibond dell’Osservatorio del Politecnico di Milano; se tutti raggiungeranno il rispettivo target di raccolta, avranno 6 miliardi di euro di potenza di fuoco. E i tassi che offrono sono molto ricchi, in media del 5-6% netto per gli investitori, grazie a portafogli di bond per la maggior parte classificati come investment grade, ma che paga- no più della media per il fatto che si tratta di emissioni di piccole e medie imprese. Come evidenziato da BeBeez.it , la ricerca calcola lo spread medio pagato in emissione dai vari minibond in rapporto al tasso Euribor o al tasso swap, che nel 36,5% dei casi esaminati (35 emissioni su 96 tra minibond quotati e non quotati) si colloca tra il 5 e il 6%. Infine, se si considerano i soli mi- nibond emessi da pmi, i titoli più rischiosi sono quelli con scadenze comprese tra due e quattro anni, per i quali si registrano le cedo- le più generose: per le scadenze a 3-4 anni la cedola media paga- ta è del 7,8% e scende al 7,4% per quelle 2-3 anni. Ma ci sono anche emissioni di pmi a oltre 7 anni che rendono il 4,1%.

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