lunedì 15 settembre 2014

Previsioni per l’oro fine 2014

L'oro «vittima» del super dollaro
Neanche la minaccia di un conflitto tra Ucraina e Russia è riuscita a dare slancio alle quotazioni. Anzi proprio nel giorno di massima escalation della tensione, martedì scorso, le quotazioni del metallo giallo sono scese ai minimi da due mesi e mezzo. Una ennesima dimostrazione che l'abbinamento tra oro e bene rifugio è sempre più aleatoria.

Da inizio anno il bilancio è ancora positivo ma con un risicato guadagno di poco superiore al 2% a 1.270 dollari l'oncia dopo aver lasciato sul terreno circa il 29% nel 2013 (la peggiore performance dal 1981).

Questa volta a spiegare la performance c'è una motivazione ben precisa, il miglioramento dell'economia americana e il rafforzamento del dollaro. L'oro è uno strumento che conserva valore ma non paga cedole: se le prospettive dell'economia migliorano, accompagnata dall'attesa di un rialzo dei tassi, gli investitori puntano su altri asset. Storicamente poi c'è una correlazione inversa tra oro e dollaro: principalmente perché l'oro difende dall'inflazione e quando il biglietto verde diventa più forte c'è minore necessità da parte degli investitori di proteggersi. Parallelamente il rafforzamento del dollaro rende più costoso comprare oro da parte degli investitori che non utilizzano di base la divisa statunitense.

A poco sono serviti i flussi verso gli Etf auriferi alimentati dalle tensioni geopolitiche. Etf Securities, uno dei maggiori emittenti internazionali, ha ad esempio registrato sette settimane consecutive di flussi positivi sull'onda delle tensioni in Ucraina. Da inizio anno il bilancio è però ancora in rosso con un deflusso di 82 milioni di dollari. I fondamentali del metallo giallo in questo momento non sono d'aiuto: il World gold council nel secondo trimestre dell'anno ha indicato la richiesta mondiale di oro in 963,8 tonnellate, in forte ribasso rispetto al trimestre precedente (1.088,4) e allo stesso periodo dell'anno scorso (1.148,3). In calo le richieste da tutti i segmenti, dalla gioielleria (-30%), alle monete e lingotti (-56%). Segnali positivi arrivano dalle banche centrali (tra cui quella russa) che nel secondo trimestre hanno incremento gli acquisti a 117,8 tonnellate. Intanto la Cina a luglio ha importato oro da Hong Kong per quasi 39 tonnellate, in forte ribasso rispetto alle 44,5 tonnellate del mese precedente, si tratta del livello più basso dal giugno 2011. Lo scorso anno, con oltre mille tonnellate d'oro importato, la Cina è diventato il maggior acquirente di metallo giallo.

Le previsioni sui prezzi del consensus degli analisti sono orientate al ribasso, anche se i target non sono troppo distanti dai livelli attuali: per il terzo trimestre in corso prevedono 1.275 dollari, che dovrebbero scendere a 1.260 dollari per l'ultima frazione dell'anno e a 1.227 per la prima parte del 2015.

I giudizi delle principali banche d'affari sono prevalentemente negativi: in sintonia con questa linea è Barclays che vede marcate debolezze sul fronte dei fondamentali accompagnati dall'effetto deprimente scaturito dal dollaro più forte e dalla ripresa dell'economia Usa.

Decisamente meno pessimista è BofA Merrill Lynch, che in uno studio recente, raffronta le dinamiche dei prezzi del rame e dell'oro. Il rame è il metallo industriale simbolo della ripresa economica, a partire dall'ampio utilizzo nel campo dell'edilizia. I prezzi del rame sono i più sensibili ai fattori congiunturali, mentre l'oro ovviamente ha una natura più difensiva. I rapporti di forza tra i due metalli sono significativi per capire il termometro dell'economia. Secondo BofA Merrill Lynch, l'oro anche il prossimo anno potrebbe continuare ad avere migliori performance rispetto al rame: il peggio per l'oro sarebbe alle spalle.

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