Istintivamente il calo dei prezzi può apparire una notizia positiva: per chi percepisce un reddito certo o una pensione aumenta il potere d'acquisto. E questo è innegabile in un'ottica strettamente personale. Allargando lo sguardo, però, i nodi vengono al pettine: la deflazione è il sintomo di un'economia impantanata, che non riesce a crescere. I prezzi calano perché la domanda langue, i listini arretrano e minacciano gli investimenti messi in campo dalle imprese. Alla fine le ricadute sono pesanti per il mondo produttivo e in ultima istanza anche per lo Stato.
Comprensibile quindi che la Bce e le autorità politiche stiano mettendo in campo tutti gli sforzi per rimettere in moto una fisiologica crescita; la dinamica dei prezzi non si risolleva in poche settimane, sono trend che possono durare anche per un periodo medio-lungo. Giovedì scorso l'istituto di Francoforte ha stimato allo 0,6% il tasso nel 2014 e all'1,1% nel 2015. Il risparmiatore italiano quindi oggi si trova a fare i conti con questa situazione, che tra alti e bassi, lo accompagnerà probabilmente fino a fine anno e forse oltre.
Di base, in un regime di deflazione, sono i titoli di Stato ad essere avvantaggiati rispetto all'equity. Se i prezzi arretrano e l'economia non cresce, i tassi restano bassi e questo invoglia ad acquistare titoli di Stato. Sulle aziende invece pesa l'incertezza sui profitti futuri e ciò rende sicuramente meno attraente l'investimento più a rischio.
I momenti di assenza di inflazione sono strategicamente quelli migliori per proteggersi quando i prezzi torneranno a salire, perché è fisiologico che prima o poi accadrà. Per questo vengono in soccorso i bond indicizzati all'inflazione. Due gli strumenti, il BTp Italia legato all'inflazione italiana e il BTp inflation linked agganciato all'inflazione europea. I due titoli incorporano nei loro prezzi un'attesa di inflazione, chiamata break even. Se l'inflazione che si realizza in futuro è superiore a quella incorporata al momento dell'acquisto gli strumenti diventano interessanti.
«I BTp Italia e quelli inflation-linked tradizionali – spiega Raffaele Zenti, cofondatore e partner di Advise Only – hanno due punti di break even abbastanza distanti oggi. Il primo, per la scadenza 2020, eguaglia il rendimento del titolo nominale appena con un'inflazione attesa dello 0,16% da qui a scadenza mentre per l'inflation-linked scadenza 2019, l'inflazione deve essere almeno dello 0,94%.
La differenza è probabilmente imputabile al fatto che sono legati a due indici diversi, il primo a quella italiana, che ha un'economia più stagnante, e il secondo a quella europea. Appare comunque decisamente più attraente il BTp Italia, che tradizionalmente è un prodotto più destinato al retail». È importante ricordare, che anche in caso di deflazione, il BTp Italia 2020 garantisce un ritorno reale annuo dell'1,13% contro lo 0,35% dell'inflation-linked 2019.
0 commenti:
Posta un commento