venerdì 23 giugno 2017

I mercati azionari sono al massimo?

La Banca d’Italia rende noti mensilmente gli acquisti di azioni quotate italiane ed estere (netti, ossia gli acquisti meno le vendite) da parte dei fondi comuni di investimento1, ossia da parte degli italiani che hanno deciso di affidare i loro soldi ai gestori. Con un certo margine di errore possiamo dire che conosciamo il comportamento di acquisto degli italiani “più sofisticati”. Quelli che investono in azioni attraverso un saggio strumento di diversificazione.

Insomma vediamo se gli italiani hanno aggiunto o tolto azioni ai loro portafogli di investimento. Naturalmente non riguarda solo le azioni USA. Ma essendo il mercato americano il mercato di riferimento mondiale, possiamo dire che il suo andamento “guida” l’umore degli investitori, che poi magari decidono di comprare anche azioni di altri paesi. Come vediamo la risposta al +92% è molto vigorosa. Gli acquisti di azioni (cumulati) arrivano al massimo proprio “sui massimi”. Nessuna sorpresa. Ma quello che succede dopo “punisce” questo comportamento. Gli italiani si spaventano e cominciano a ridurre le azioni in portafoglio. Mano a mano che le azioni recuperano i livelli di prezzo precedenti (quelli ai quali sono state comprate) esse vengono vendute. La “fine di un incubo”, la chiusura di una posizione che ha generato fortissima ansia, ma la perdita di una opportunità di effettivo recupero.

Quanto “costa” questo comportamento emotivo? È stato condotto un esperimento. Immaginiamo di prendere il valore degli acquisti (e delle vendite, se il numero ha segno meno) e di moltiplicarli per la performance del mercato azionario nel mese successivo. Insomma, ad inizio mese gli italiani pensano che il mercato salirà e dunque comprano. Se invece pensano che il mercato scenderà, vendono. Naturalmente non è detto che il mercato faccia quello che gli italiani pensano (rappresentato dal loro comportamento di acquisto e vendita).

Dunque al termine di ogni mese gli italiani avranno conseguito guadagni se hanno comprato prima di un rialzo e perdite se hanno comprato prima di un ribasso; guadagni se hanno venduto prima di un ribasso e perdite se hanno venduto prima di un rialzo. Disponendo dei dati di Banca d’Italia è possibile osservare l’andamento di questo “conto economico” per quantificare i successi o gli insuccessi.

Se osserviamo con attenzione i dati vediamo che nel primo periodo di crisi (bolla tecnologica) ci sono stati forti acquisti seguendo il trend del mercato (coerentemente con l’avversione al rischio2). Quando il mercato è sceso nel corso del 2001-2002 si sono generate forti perdite che non sono state più recuperate fino ai nuovi massimi del 2007. Questi risultati sono coerenti con la teoria dell’avversione al rischio che diviene propensione al rischio (

La domanda che occorre porci OGGI è se l’investitore è in modalità avversione al rischio. Se la risposta è sì, sappiamo che acquisterà in ritardo, seguendo il trend e alimentandolo. Il mercato si allontanerà dai fondamentali e i fondamentali inseguiranno il mercato. “La Brexit è un male” diventa “La Brexit è un bene”. “Trump è un male” diventa “Le opportunità di Trump”. Perfino il referendum cambia faccia. Un Consulente sa come misurare l’avversione al rischio. Essa è proporzionale al tempo che egli impiega a convincere l’investitore ad acquistare azioni. Meglio dotarsi di un cronometro alla prossima visita



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