lunedì 5 giugno 2017

Dichiarazioni in RW dei conti all'estero

Effetto voluntary disclosure sulle dichiarazioni dei redditi degli italiani. O, almeno, sul quadro RW, in cui vanno indicati gli asset detenuti oltreconfine. I conti correnti e i depositi esteri sono quintuplicati tra l’anno d’imposta 2013 e il 2015 (dichiarazioni 2016), per un controvalore che è balzato da 11 a 53,7 miliardi di euro. Le attività finanziarie, invece, sono quadruplicate e i beni materiali aumentati del 35 per cento. Più contenuta l’emersione dei beni immobili (+14%), forse perché si tratta di beni più difficili da occultare o forse perché non sono l’investimento preferito degli evasori internazionali.
È questa l’evoluzione delle consistenze estere “in chiaro”, in base ai dati delle Finanze, su cui si riflette l’impatto dell’operazione per il rientro dei capitali. Le istanze per la prima voluntary, infatti, sono state presentate entro il 30 settembre 2015 in relazione a consistenze e imponibili fino al 31 dicembre 2013. Quindi, chi ha aderito ha poi inserito gli importi a partire dal quadro RW relativo all’anno d’imposta 2014 e per i periodi rilevanti fino all’eventuale trasferimento degli asset a un intermediario residente o al loro rientro in Italia.

L’incremento maggiore rispetto al 2013 è quello dei conti correnti e dei depositi esteri. Dall’altro lato, però, sono le attività finanziarie la voce che pesa di più nel quadro RW in termini assoluti, con circa 130 miliardi dichiarati nel 2015 tra partecipazioni al capitale o al patrimonio di società non residenti, contratti derivati, trust e altri contratti finanziari. In entrambi i casi gli importi dichiarati arrivano per il 30% da soggetti con reddito prevalente da lavoro dipendente. Un’incidenza che può sorprendere, ma di fatto in questa categoria ricade il 49% dei contribuenti italiani; e, comunque, alcuni di loro potrebbero figurare quali dipendenti della propria società.

Al contrario, dai soggetti con redditi prevalenti da capitale, in tassazione sostitutiva o separata e plusvalenze (che rappresentano appena l’1,26% del totale dei contribuenti italiani) arriva il 20% degli importi confluiti in RW. Quest’ultima tipologia di soggetti è responsabile anche del 90% degli importi dichiarati come beni materiali o forme di previdenza, dove c’è il valore medio record di 3 milioni di euro. In questo asset ricadono lingotti d’oro detenuti all’estero, yacht e auto di lusso, altri beni patrimoniali e le forme di previdenza gestite da soggetti esteri. E rispetto al 2013, il numero dei contribuenti che inseriscono questo tipo di beni nel quadro RW è raddoppiato, con un controvalore di 32,8 miliardi.

Osservando i dati in serie storica, si intuisce già come l’effetto della voluntary registrato nel 2014 sia destinato a rientrare negli anni successivi: nel periodo di imposta 2015, ad esempio, sulle attività finanziarie si vede un primo lieve calo degli importi dichiarati. La tendenza, infatti, è quella di trasferire gli asset in Italia, oppure comunque a una fiduciaria italiana, per motivi legati all’imposizione fiscale e alla più facile disponibilità degli importi. Una volta presentata l’istanza per la voluntary, infatti, è possibile far rientrare i capitali nel nostro Paese e molti contribuenti si sono adoperati per farlo nel 2016 (quindi il calo dei dati dichiarati nel quadro RW si vedrà solo nelle prossime dichiarazioni). Quanto agli immobili, è logico attendersi un calo ancora più marcato nei prossimi anni. Il decreto fiscale dello scorso anno (Dl 193/2016) ha eliminato l’obbligo di indicare le unità all’estero per le quali non siano intervenute variazioni nel periodo d’imposta, fatto salvo ovviamente l’obbligo di versare l’Ivie dovuta.

La voluntary è stata spinta dallo scambio di informazioni finanziarie fra paesi che rende ormai impossibile nascondere soldi all'estero. E' quindi importante non sbagliare a fare la dichiarazione fiscale, qui puoi trovare una guida completa.

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