Orsingher Ortu si è affidato a Luminance,
utile per le due diligence e
per la creazione di schemi contrattuali.
Ma ha anche testato ChatGpt per
capirne l’attendibilità. «Dal nostro
punto di vista non è lo strumento più
potente – commenta il partner Domenico
Colella –, Bard (il sistema sviluppato
da Google, ndr) per esempio
sarà ancora più potente. Il futuro per
molti professionisti sarà quello di fare
un mestiere parzialmente diverso; in
pratica dovranno fare i data analist
per verificare la correttezza degli output
e capire se devono essere immessi
altri input».
Presso 42 Law Firm si impiega un
sistema di Ai utilizzato da tutto lo studio,
basato su modelli di linguaggio di
grandi dimensioni (Llm) con meccanismi
di sicurezza nelle domande e
risposte.
«Nessuno di noi si sogna di
sostituire l’Ai generativa alla nostra
professione – spiega il partner Giuseppe
Vaciago –, fornisce uno spunto
iniziale. È affascinante la rapidità e
l’efficacia di scrittura. Pur commettendo
errori, la sua impostazione è
chiara. Lo utilizziamo in un’ottica di
legal design, così da scrivere documenti
comprensibili per tutti e non
solo per gli esperti». In molti casi, l’Ai
svolge oggi il lavoro di ricerca che una
volta era affidato ai praticanti e che
per loro rappresentava una tappa del
percorso di apprendimento.
Nel futuro si rischia di avere due
categorie di avvocati, quelli che riescono
a emergere per le loro capacità
e quelli che saranno chiamati a
istruire l’Ai per evitare errori. Ma il
ruolo dell’avvocato al momento non
è ancora in discussione.
«Alla macchina
bisogna dare istruzioni molto
specifiche. Non è creativa – commenta
Giuseppe La Scala, senior
partner La Scala Società Tra Avvocati
–. Il legale anche in un documento
elaborato dall’Ai deve metterci
del suo. In molte situazioni creative
siamo ancora come nelle vecchie
botteghe del Cinquecento».
ChatGpt si è rivelata utile negli studi
anche nel marketing. Presso Pagano
e Partners viene usata soprattutto
per i testi da pubblicare sul sito: articoli
compilativi ed esplicativi. «Su
questo fronte il suo lavoro è soddisfacente
– spiega Monica Pagano, founder
dello studio –, dipende tutto da
come viene interrogata. Questi sistemi
sono utilissimi anche per le ricerche,
per redigere lettere standard. Ma
noi facciamo vestiti sartoriali: non vedo probabile che una macchina
possa sostituirci».
È vero però che si attende un ulteriore
salto di qualità con l’intelligenza
generativa. «Non avremo più una
pletora di strumenti negli studi – aggiunge
Stefano Ceolin, chief innovation
and digital officer di Portolano
Cavallo studio che impiega Luminance
–, ma uno strumento unico che
raccoglierà tutti i nostri input. Quello
che mi aspetto negli studi è una struttura
per la messa a disposizione in sicurezza
delle informazioni e dei dati.
Le persone dovranno essere formate
meglio nell’uso dell’Ai».
Ma i nuovi fronti aperti da queste
piattaforme sono molteplici: dagli
aspetti deontologici, alla responsabilità
professionale in caso di errori, alla
condivisione con il cliente dell’impiego
di queste macchine e quindi alla
valutazione di costi e lavoro svolto.
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