lunedì 14 novembre 2016

Il 74% dei fondi di investimento attivi italiani fa peggio del mercato

Negli ultimi dieci anni quasi tre quarti dei fondi azionari italiani a gestione attiva hanno realizzato una performance peggiore dell’indice di riferimento. È un dato abbastanza sorprendente quello che emerge dal report di S&P Global (Spiva Europe Scorecard). Il Mid-Year 2016 Europe S&P Indices Versus Active Funds (Spiva) Scorecard fornisce il dettaglio delle performance dei fondi a gestione attiva rispetto ai relativi benchmark S&P e ai dati decennali al 30 giugno 2016.

Fin dalla prima pubblicazione, che risale a 14 anni fa, è stato di fatto l’ago della bilancia nella discussione su questo tema, di notevole interesse non solo per gli operatori istituzionali ma anche per gli investitori privati. Daniel Ung, responsabile della ricerca, fa notare che lo studio, pur non avendo l’intenzione di porre fine al dibattito sulle strategie di investimento attive rispetto a quelle passive, vuole mettere in evidenza i segmenti di mercato nei quali l’uno o l’altro metodo funzionano meglio.
Il focus dell’analisi è su fondi attivi azionari europei denominati in euro, sterlina e altre valute locali in un orizzonte temporale di uno, tre, cinque e dieci anni. L’anomalia che si riscontra nel caso dei fondi italiani non è però isolata, visto che anche quelli europei hanno fatto peggio del benchmark. In particolare, rispetto all’S&P Europe 350, il gap di performance su base annua dei fondi azionari europei a gestione attiva denominati in euro si è molto allargato nell’ultimo anno, e la percentuale di tali fondi, il 60%, è quasi raddoppiata rispetto al 32% dell’intero 2015.

Per quali ragioni? Secondo Ung, i motivi principali sono legati da un lato all’alta volatilità dei listini azionari nel 2016, a causa delle incertezze sulla Brexit e alla politica di tassi a zero della Bce, e dall’altro all’incidenza delle commissioni che deprimono il ritorno totale del fondi, in fasi di mercato molto difficili da governare.

«Sebbene teoricamente» dice Ung «queste condizioni siano ideali per i money manager attivi, che possono trarre vantaggio dalle strategie di stock picking (cioè di selezione dei titoli) per gestire al meglio il portafoglio», evitando così di dover subire passivamente le oscillazioni dei listini. In un orizzonte a dieci anni l’Italia ha però fatto meglio degli altri Paesi, visto che il 74% di sottoperformance dei fondi nazionali si confronta con l’81% dei fondi tedeschi e l’86% di quelli francesi. La situazione inoltre migliora se si riduce il periodo di osservazione. Su un anno la percentuale dei fondi azionari italiani a gestione attiva che ha realizzato una performance inferiore al benchmark scende infatti al 29%, per posizionarsi intorno al 50% sui periodi a tre e cinque anni. (

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