giovedì 10 marzo 2016

Come investire - gli indicatori di mercato che devi conoscere

Indicatori macro e scelte politiche sono le variabili chiave Ancora positiva la view degli strategist Dopo sei settimane di flessione, l’indice Ftse Mib a Milano ha messo a segno un rimbalzo. Per i piccoli risparmiatori è stato un inizio d’anno al cardiopalmo, ma a freddo quello che è accaduto non è poi così eccezionale. Uno studio realizzato da SoldiExpert, evidenzia che a Milano si è assistito 16 volte in 43 anni a ribassi consecutivi superiori alle 6 settimane e il 50% delle volte alla settima settimana si è assistita a una chiusura in positivo.

Il ribasso di questo ciclo (-22,5% in 6 settimane) è stato comunque più ampio di quello medio. Sul mercato la memoria è corta, ma questi dati ci dicono che movimenti così repentini possono capitare e siamo nell’ambito di eventi probabili per un investimento a rischio come l’azionario. Niente panico quindi da parte degli investitori che devono approcciare il mercato con orizzonti più ampi (si veda altro pezzo in pagina).
Questa discesa ha colto molti di sorpresa anche perché il quadro di fondo, sui fondamentali, non sembra essere molto diverso rispetto a un mese e mezzo fa. «Nonostante quello che è accaduto sui mercati da inizio anno - spiega Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos - i modelli sono ancora positivi sul futuro dell’azionario e prevedono ad esempio sull’S&P 500 un target tra 2.000 e 2.300 punti. In fondo gli utili del primo trimestre non si sono scostati molto dalle previsioni e il quadro non appare così catastrofico come i mercati lasciano intendere. Ma si sa i mercati hanno sempre ragione, anche se possono prendere degli abbagli.

La forte discesa sull’azionario è quindi per tre quarti dovuta a fattori interni allo stesso mercato oltre che a logiche di posizionamento». Rispetto al bull market del 1999, questa volta sul mercato non c’era stata una partecipazione corale al rally, il grande pubblico non si è mosso come allora. A fine anno il sentiment non era così negativo ma ha fatto presto a deteriorarsi. Razionalizzando quello che è accaduto, sicuramente si sono mossi dei fondi sovrani dei paesi legati al petrolio che avevano bisogno di fare cassa e complessivamente si erano esauriti negli ultimi mesi un po’ di spunti rialzisti, come se le prospettive di mercato non scaldassero più gli investitori. Se ci mettiamo anche l’incognita Cina, che peraltro non è una novità assoluta, è il tema del bail in bancario in Europa il puzzle è completo. «A livello macro - continua Fugnoli - le aspettative sono per una crescita Usa vicina al 2% quest’anno mentre il mercato sembra ancorato allo 0,7% del quarto trimestre.

Passata questa fase turbolenta, gli investitori potrebbero tornare a valutare con più attenzione i fondamentali rivedendo un attimo l’impostazione a fine dicembre, dove c’era troppa compiacenza verso un mondo privo di rischi. Serve anche un intervento di policy, che attesti che non siamo in una fase di avvitamento dato che i dati macro a livello globale non parlano di caduta, anche se le prospettive di crescita sono moderate. Affinché si realizzi questa convergenza verso l’outlook degli strategist servono poi dati macro che confermino la tenuta, ad esempio gli ultimi indicatori di crescita europei non sono così veloci come pensavamo, ma neanche troppo negativi». La necessità di politiche nazionali convincenti vale oggi tanto più sapendo che a livello di banche centrali la Fed si muove su un terreno difficile dovendo rassicurare il mercato e allo stesso modo continuare un politica di rialzo dei tassi. Vediamo se il confronto con la realtà riporterà i mercati su posizioni meno schizofreniche.

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