lunedì 8 maggio 2017

Cambiano le regole fiscali per i frontalieri con la Svizzera

Tutta questione di chilometri. Per definire il «lavoratore frontaliero›› il Fisco italiano, discostandosi dalla definizione comunitaria prevista dall°art. 1, lettera b) del regolamento n. 1408/71/CEE, sceglie un parametro puramente «geografico››. Il regolamento Cee, attualmente vigente, usando termini più generici, ricomprende nel concetto di lavoratore frontaliero, «qualsiasi lavoratore subordinato o autonomo che esercita una attività professionale nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di un altro Stato membro dove di massima, ritorna ogni giorno o almeno una volta a settimana››.

 Diversamente, con la recente risoluzione n. 38 del 28 marzo 2017, il Fisco facendo riferimento al limite dei 20 km, delimita, almeno per quanto attiene i rapporti con la Svizzera, la definizione di frontaliero in termini geografici, restringendo la definizione ai soli residenti nei comuni della «fascia di confine›› e discriminando oggettivamente i lavoratori residenti appena oltre i 20 km dal territorio elvetico.
Con il detto documento di prassi l'Agenzia è tornata a pronunciarsi su un tema molto dibattuto, quale quello della doppia tassazione dei redditi prodotti dai lavoratori dipendenti in Svizzera ma residenti in Italia, precisando che devono considerarsi «frontalieri›› e pertanto soggetti alla Convenzione fiscale esistente tra Italia e Svizzera del 3 ottobre 1974, soltanto il lavoratori che risiedono in Italia in comuni situati ad una distanza non superiore a 20 km dal confine con i Cantoni svizzeri Grigioni, Ticino e Vallese.
Per capire la rilevanza di tale risoluzione in termini di imposizione fiscale nonché il discrimine che l'applicazione della stessa quasi certamente potrebbe ingenerare, è doveroso ripercorrere il problema della doppia tassazione e gli accordi esistenti in materia tra Italia e Svizzera.

Si ha doppia imposizione quando uno stesso reddito è sottoposto sia a tassazione cosiddetta «alla fonte››, ovvero nello Stato estero in cui viene prodotto il reddito, che nello Stato di residenza del contribuente che lo ha percepito. Il rischio che si verifichi tale duplicazione d°imposta deriva dal fatto che nel nostro ordinamento il Testo unico delle imposte sui redditi ricomprende tra i redditi soggetti a tassazione, non solo quelli prodotti nel territorio italiano, ma anche quelli prodotti all'estero.

Quanto affermato trova pieno riscontro nell'art. 51, comma 8-bis del Tuir, il quale prevede espressamente come criterio di tassazione dei redditi prodotti in via prevalente e continuativa all”estero, quello delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
A fronte di tale norma, essenzialmente, i redditi di lavoro dipendente, come intesi dall”art. 49 del Tuir, se prodotti all”estero, devono essere quindi obbligatoriamente determinati (ovvero senza un potere di scelta da parte del contribuente) attraverso un criterio di tipo forfettario e non analitico. Il criterio forfettario delle retribuzioni convenzionali trova la sola eccezione nell°ipotesi in cui il lavoro svolto alliestero non rientri in nessuna delle categorie convenzionali disciplinate con il decreto del ministero del lavoro.

In questi casi, come precisato dalla stessa Agenzia delle entrate con la circolare n. 20 del 2011, la tassazione avviene in base alle retribuzioni effettivamente percepite. Per porre rimedio a questo meccanismo di doppia imposizione, oltre ai diversi accordi intervenuti tra gli Stati, nel nostro ordinamento è previsto all”art. 165 del Tuir, il sistema del credito d'imposta, in base al quale «le imposte pagate in via definitiva nello Stato estero possono essere portate in detrazione dall°imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo››.

Oltre al credito d”imposta, esistono altri rimedi per risolvere, 0 comunque, limitare, il problema della doppia imposizione fiscale, tra i quali: (i) la stipulazione di Convenzioni tra gli Stati interessati che prevedano l”esenzione totale o parziale della tassazione del reddito estero nello Stato di residenza del contribuente; (ii) il metodo della deduzione in base al quale le imposte pagate nello stato estero possono essere portate in diminuzione del reddito imponibile nello Stato di residenza del contribuente.
Per quanto riguarda i specifici rapporti tra Italia e Svizzera, a fronte degli accordi esistenti, in particolare, per effetto del richiamo operato dall°art. 15, comma 4 della Convenzione del 1976, all'accordo del “74, il reddito di lavoro dipendente percepito dai frontalieri è tassato esclusivamente alla fonte (e quindi solamente in Svizzera).

In virtù di questo accordo la doppia imposizione, in realtà, è evitata grazie ad un sistema di compensazione finanziaria che pone a carico dei Cantoni di frontiera Vallese, Ticino e Grigioni, l”obbligo di corrispondere ai comuni italiani di confine una parte del gettito fiscale proveniente dalla tassazione sui redditi percepiti dai frontalieri.
La risoluzione adottata dall°Agenzia delle entrate incide su questo preciso accordo, in quanto con la sua definizione di frontaliero, ne delimita il specicampo di applicazione con riferimento soltanto a quei frontalieri italiani che risiedono non oltre i 20 km di distanza dal confine con la Svizzera.

Con tale previsione il Fisco sembra aver generato una disparità di trattamento nella tassazione dei redditi di lavoro dipendente percepito in Svizzera, sfavorendo quei soggetti che per il sol fatto di essere residenti oltre i 20 km non potranno più essere considerati transfrontalieri.
Così il contribuente non potrà più essere tassato solo in Svizzera, ma sarà sottoposto a un sistema c.d. di tassazione concorrente tra Stati, in base al quale il reddito prodotto all'estero concorrerà a formare il reddito complessivo in Italia, nel limite dell'importo eccedente euro 7.500,00 e fatta salva la facoltà, comunque, di beneficiare del credito d”imposta come previsto dall'art. 165, comma 10 del Tuir. Sorge spontaneo chiedersi a questo punto, se per una mera questione di chilometri, sia giusto escludere dalla definizione di frontaliero e, pertanto, sottoporre a un differente sistema impositivo, un lavoratore che quotidianamente è tenuto a sostenere una trasferta impegnativa per raggiungere il posto di lavoro in Svizzera.

Si rileva, altresì, che la risoluzione fornendo per la prima volta una definizione di frontaliero, potrebbe far sorgere il dubbio se tale definizione debba essere sempre presa in considerazione, ovvero anche per la tassazione dei redditi prodotti da quei lavoratori che si recano in Svizzera per svolgere attività lavorativa diversa da quella dipendente.

A tal proposito si è portati a rispondere in senso negativo dato che, almeno, per quanto riguarda i rapporti intercorrenti tra Italia e Svizzera, è chiaro che l'Accordo del “74 si applichi soltanto a coloro che svolgono attività lavorativa di tipo dipendente, mentre, ad esempio, per i lavoratori autonomi e liberi professionisti occorre fare riferimento a quanto diversamente previsto dall'art. 14 della Convenzione del “76. L'art. 14, precisando che nel concetto di libera professione rientrano in particolare le attività indipendenti di carattere scientifico letterario, artistico, educativo e pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri , architetti, dentisti e contabili, stabilisce che in assenza di una base fissa per l'esercizio della professione, il contribuente, per il principio di attrazione, viene tassato solo nello Stato di residenza.

 Pertanto nell'ipotesi che un medico eserciti la propria professione in Svizzera, senza avere qui una propria base fissa per l”esercizio dell” attività, potrà essere tassato esclusivamente in base al sistema fiscale italiano. Ne consegue, che, nel caso in cui, invece, il professionista possieda una sede fissa per l°esercizio dell'attività in Svizzera, trova applicazione il c.d. sistema di tassazione concorrente, in base al quale, il reddito prodotto oltre ad essere tassato in Italia, subirà anche l'imposizione svizzera, ma limitatamente alla parte di reddito imponibile attribuibile alla sede fissa in cui viene esercitata l”attività.

Se hai un lavoro o un conto corrente in Svizzera o in altro paese estero, leggi la guida sulla dichiarazione fiscale.

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