De Beers è stata in effetti in grado di creare domanda (di diamanti), e consapevolezza per i brillanti. Ed è riuscita a fare tutto ciò perché ha assicurato sul mercato, in modo consistente e continuativo, la materia prima. Con la giusta attenzione anche per il contesto sociale. «Gemfields sta cercando di fare la stessa cosa con smeraldi, rubini e ametiste — commenta il manager —. In più Gemfields ha sviluppato un sistema di valutazione delle pietre e una piattaforma per la vendita, proprietaria».
La domanda di pietre colorate, specie smeraldi, cresce molto velocemente. Al secondo posto ci sono i rubini. Il mercato globale di smeraldi, rubini e zaffiri è lievitato del 213% dal 2009 a quota 1,6 miliardi di dollari. Gemfields opera e possiede il 75% della miniera di smeraldi Kagem nello Zambia (la più grande al mondo) e quella di Montepuez nel Mozambico (rubini). Inoltre ha il 50% della Kariba amethyst mine in Zambia, e interessi in Colombia, Etiopia, Madagascar e Sri Lanka.
«Il piano è guidare l’industria a un approccio più trasparente nei confronti della fase estrattiva: abbiamo introdotto standard di garanzia». Gemfields non usa prodotti chimici nel processo estrattivo, in 5 anni ha piantato 300 mila alberi attorno ai siti minerari e ha trasformato in laghi vecchie miniere esauste, e sostenuto le comunità di quanti lavorano nell’industria estrattiva. «Prossimo step, le collaborazioni con i brand —dice Harebottle —. La prima con Chopard». Gemfields si è assicurata anche Fabergé, i gioielli degli zar, business da 142 milioni di dollari. Il piano? «Anelli di fidanzamento con pietre colorate e orologeria. Un business che nel 2016 è cresciuto del 33% a 11.8 milioni di dollari (rispetto agli 8,9 milioni del 2015).
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