domenica 10 febbraio 2013

L’Olanda nazionalizza Sns Bank e frega gli obbligazionisti

L’Olanda ha nazionalizzato Sns Reaal, la quarta banca del Paese. L’annuncio è stato dato venerdì 1° febbraio dal ministro delle Finanze, Jeroen Dijsselbloem, da poco diventato presidente dell’Eurogruppo.
Un’operazione che costerà allo Stato 3,7 miliardi di euro e aumenterà il rapporto deficit pubblico/pil dello 0,6%, che era stato stimato per quest’anno al 3,3%. Il mese prossimo il governo guidato da Mark Rutte sarà dunque costretto a valutare nuovi tagli alla spesa per riportarlo sotto il 3%. E così anche un Paese dell’Europa settentrionale, grande alleato della Germania nell’imporre politiche di austerità ai Paesi meridionali, è stato colpito dalla sindrome mediterranea.


La Banca centrale olandese ha tentato fino all’ultimo di trovare un acquirente privato per la banca ma, una volta concluso con un nulla di fatto l’interessamento del fondo di private equity americano Cvc Capital Partners (il 31 gennaio era l’ultimo giorno utile per fare un’offerta), Dijsselbloem ha deciso di intervenire radicalmente perché, ha detto, «senza una soluzione, Sns Reaal sarebbe finita in bancarotta, mettendo il sistema finanziario in grave e immediato pericolo».

Era già infatti cominciata la fuga dai depositi della banca (nelle ultime due settimane la clientela ha ritirato 2,5 miliardi), che ammontano a oltre 30 miliardi di euro, una somma che la colloca di diritto tra gli istituti di importanza sistemica e quindi troppo grandi per fallire. A pesare sono state le perdite sui prestiti erogati da Sns Reaal per finanziare progetti immobiliari negli Stati Uniti, in Spagna e Olanda.

L’esposizione della banca nel settore immobiliare ammonta a 9,8 miliardi, di cui 2,3 sono considerati prestiti in sofferenza. Proprio nei Paesi Bassi è in atto un vero e proprio armageddon degli immobili, diminuiti nel terzo trimestre del 3,9% rispetto al secondo, quando il calo era stato dell’1,5%. Il cammino dell’Olanda sembra quindi seguire quello della Spagna, dove la crisi immobiliare ha costretto il governo di Madrid a chiedere aiuto alla Ue per salvare le banche.

Sia chiaro, l’Aja è ben lontana da questo esito finale, ma le difficoltà del settore bancario e gli effetti negativi sul deficit pubblico sono comunque preoccupanti. Nel 2008 l’Olanda aveva sborsato 40 miliardi in operazioni di salvataggio del settore finanziario, nazionalizzando la sua banca più grande, Abn Amro, e le attività olandesi di Fortis, oltre a erogare aiuti a Ing, Aegon e, per 750 milioni di euro, anche alla stessa Sns Reaal.

E ora, per sostenere i 3,7 miliardi di euro dei costi della nazionalizzazione di quest’ultima, il governo Rutte ha deciso di chiedere alle altre banche olandesi un contributo una tantum di 1 miliardo nel 2014. Dijsselbloem ha inoltre affermato che farà pressione affinché «la legislazione a livello europeo assicuri che in futuro il conto dei salvataggi venga pagato dagli azionisti» e non dai contribuenti. «Va dato atto a Dijsselbloem di aver preteso un contributo dal settore privato», ha osservato Ivo Arnold, professore di economia all’università Erasmo da Rotterdam. «Ed è importante che abbia risolto questo problema in fretta. Se non lo avesse fatto la sua posizione da presidente dell’Eurogruppo si sarebbe indebolita».

Resta il fatto che l’intransigente Olanda, sempre al fianco della Germania e uno dei pochi Paesi di Eurolandia a mantenere la tripla A, è stata costretta a nazionalizzare la sua quarta banca più grande.

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