martedì 23 aprile 2013

Investire in Bitcoins? La bolla speculativa digitale

investire-bitcoinsLe bolle speculative nascono innanzitutto nelle menti delle persone. L’ultimo caso, in pieno svolgimento, ne è la prova scientificamente più avanzata: è il prodotto di un algoritmo geniale accoppiato a una piattaforma politica anarchico-libertaria. Il risultato è una bolla che si gonfia, e ogni tanto si sgonfia, davanti ai vostri occhi fissi su un computer: il Bitcoin è la meraviglia del momento, anche se molti si aspettano che schianti al suolo.


Si tratta di una valuta elettronica, di una crypto-currency lanciata sul mercato digitale nel luglio 2010 con il valore di cinque centesimi di dollaro e che venerdì scorso valeva circa 139 dollari. Chi vi avesse investito cento dollari alla nascita oggi ne potrebbe intascare più di 250 mila.
Il fenomeno Bitcoin è interessante in sé. Ma accende un riflettore anche su una verità non del tutto gradevole ma istruttiva: le bolle che si creano su certi asset non sono necessariamente colpa delle banche centrali, della Fed di Alan Greenspan per dire, o degli odiati speculatori di Wall Street e della City di Londra; si può quasi dire che siano il risultato di una tendenza naturale umana, di una forza per alcuni irresistibile a partecipare a una festa che ogni volta si crede non debba finire mai. Fu questo il caso della bolla dei bulbi di tulipano nel 1600 in Olanda, della bolla sui titoli della South Sea Company nel 1700 in Inghilterra, della bolla di Borsa sulle società dot.com a cavallo del cambio tra Ventesimo e Ventunesimo Secolo a Wall Street, della bolla immobiliare scoppiata tra il 2007 e il 2008 in America, Irlanda, Spagna.

Il Bitcoin è a tutti gli effetti denaro. Pare che sia stato ideato da un fantomatico Satoshi Nakamoto, pseudonimo probabilmente di un genio della matematica che aveva l’obiettivo di creare una valuta totalmente fuori dal controllo degli Stati e in grado di minare le regole dominanti della finanza guidata dalle banche centrali. In effetti, finora queste e i governi sono stati a guardare: in circolazione ci sono Bitcoin per un valore di circa un miliardo e mezzo di dollari, una cifra che al momento non mina la stabilità del sistema finanziario.
Se il fenomeno della crypto-currency diventerà minaccioso, però, c’è da stare certi che le autorità interverranno e con ogni probabilità lo metteranno fuori gioco.

La Banca centrale europea ha studiato la situazione e ha concluso che per adesso i rischi stanno tutti sulle spalle di chi ha comprato Bitcoin, «incluso il rischio di una perdita completa del valore monetario ». Pericoli sistemici non ci sono ancora, aggiunge la Bce, «ma ciò cambierebbe se uno schema (di valuta digitale, ndr) diventasse significativamente grande». Non esiste dunque alcuna entità deputata a emettere Bitcoin. Li potete avere in due modi. Uno, semplice, comprandoli su alcune piattaforme che li trattano: la più famosa e frequentata è Mt Gox. È come operare sul mercato delle valute ufficiali, solo che il Bitcoin è in genere molto più volatile, il che è un rischio ma è anche un’opportunità per chi ama le emozioni forti. L’altro modo, che è all’origine del tutto, consiste nel creare Bitcoin in proprio. Per farlo—e qui scatta l’algoritmo di Nakamoto (e l’arcano per chi non possiede un paio di PhD) — occorrono però grandi quantità di know-how e di potenza dei computer, che crescono via via che aumentano i Bitcoin in circolazione.

Ciò produce—sostengono gli entusiasti della valuta — un meccanismo di autoregolazione: dal momento che per creare nuovi Bitcoin serve sempre più computer power, ciò avverrà solo quando il valore di un Bitcoin è sufficientemente elevato da coprire i costi di creazione (o di mining, come dicono gli operatori). In teoria, questo metodo di «emissione » della valuta dovrebbe anche essere una garanzia contro attacchi di hacker alle piattaforme in cui sono depositati i Bitcoin: se infatti uno ha competenze e tecnologia per rubare o replicare la crypto-currency probabilmente fa prima a produrla in proprio. In pratica non è esattamente così: la settimana scorsa Mt Gox ha avuto difficoltà tecniche un po’ per l’alto volume di transazioni (pare che parecchi investitori in fuga da Cipro si siano rifugiati nei Bitcoin) e probabilmente per un attacco di hacker.

Sta di fatto che la valuta è qualcosa di totalmente fondato sulla fiducia tra chi la scambia, non ha entità che ne regolino le quantità di emissione, non ha banche centrali (per ora) che ci mettano becco. Un sogno libertario per alcuni versi. In realtà, all’origine è stata pensata come sistema di pagamento per droghe o armi nella Silk Road, una specie di eBay del web profondo e spesso illegale.

Oggi, invece, è diventata un investimento in piena visibilità. Un’innovazione finanziaria. E probabilmente la prossima bolla (per ora non gigantesca) che scoppia: il valore di un Bitcoin ha superato i cento dollari il 1˚ aprile e due giorni dopo toccava già i 147 dollari, per dire della volatilità. Forse, soprattutto un esperimento sulla psicologia delle masse nell’era digitale.

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