martedì 16 febbraio 2016

I conti correnti low cost

Vi ricordate i «conti di base»? Per chi necessita di una rinfrescata sono conti correnti a basso costo che banche e Poste devono mettere a disposizione dei clienti nuovi, ma anche di quelli già in essere. Prodotti pensati nelle loro quattro diverse versioni per chi ha limitate esigenze di operatività e sono completamente gratuiti per le fasce più disagiate della popolazione (pensione annua lorda sotto i 18mila euro e Isee fino a 8mila euro).

L’iniziativa era nata con il decreto 201/2011 (cosiddetto Salva Italia), che aveva reso obbligatorio l’accredito su un c/c o su un libretto di risparmio delle pensioni, pari o superiori a 1.000 euro, nel quadro delle misure per limitare l’uso del contante. E per non rendere troppo onerosa una tale imposizione, il Governo Monti aveva introdotto appunto i conti di base. Ma come tutte le buone intenzioni si cerca poi di lasciarle cadere silenziosamente nel vuoto.
Ed è un peccato, anche perché il modello italiano dei conti di base è stato fatto proprio anche dalla direttiva comunitaria 92/2014. Le banche di certo non sbandierano allo sportello i vantaggi dei conti a basso costo, finanche gratis per i clienti meno abbienti come previsto dalla legge. In passato Banca d’Italia e Antitrust hanno più volte sottolineato la necessità di rafforzare le procedure di commercializzazione dello strumento.

Presso il Mef è stato anche istituito un Osservatorio permanente sui conti di base che ha il compito di dipanare i dubbi interpretativi sullo strumento e redigere una relazione annuale sulla diffusione dello strumento. Un report con il numero dei conti di base aperti, le richieste di apertura rifiutate, i recessi, i ricorsi stragiudiziali e le spese correlate (canone medio annuo individuale) per ogni tipologia di conto. Informazioni relative al 2015 che l’Abi lunedi scorso, 25 gennaio, con una circolare ha ricordato alle associate di inviarle per via telematica entro il 12 febbraio 2016.

Ogni anno viene redatta una relazione, sottolineando anche le criticità rilevate, ma poi l’Osservatorio permanente non la rende pubblica. La diffusione dei dati potrebbe invece contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica e renderla più consapevole della possibilità di avere un conto corrente a costi contenuti e sopperire in qualche misura alla carente pubblicità che viene fatta nelle filiali. Bilanci ufficiali non è quindi possibili stilarli, ma per avere un numero indicativo a fine 2013 fonti bancarie (senza considerare quelli delle Poste) parlavano di 55mila. Un numero irrisorio rispetto ai potenziali diretti interessati che in virtù della crisi economica negli ultimi anni è in continuo aumento.

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