martedì 21 aprile 2015

Azioni italiane su cui investire ora con il QE

L’escalation della caccia al rendimento continua: sul fronte obbligazionario europeo i rendi- menti ancora degni di chiamarsi tali, ovvero quelli dei Paesi periferici, si vanno assottigliando sempre di più, in particolar modo quelli italiani dove il Btp decennale ha segnato un nuovo minimo stringendo lo spread con il Bund fino a quota 90 centesimi.

Al di là dell’Oceano i prezzi dei de- cennali Usa stanno invece perdendo terreno, non più sostenuti dagli acquisti della Fed, in vista del primo giro di vite al costo del denaro. Il bond market, dunque, presenta ben poco appealing, salvo dirigersi sulle valute a più alto rendimento, molte delle quali stanno comunque attraversando una fase turbolenta, dove il rischio di cambio minaccia di annullare il sovrarendimento: è il caso della lira turca e del re- al brasiliano, oltre ovviamente al rublo russo.

Dunque, in questo momento l’attenzione degli investitori è tutta rivolta verso i mercati azionari, che fino ad aprile possono fornire un importante contributo al rendimento prima che la Grecia torni a essere al centro dell’attenzione internazionale. D’altronde i segnali rialzisti di ampio respiro si fanno ogni giorno più numerosi, incoraggiando l’esposi- zione al rischio: a partire in primo luogo da Wall Street che, nonostante l’estrema forza del dollaro e l’aspettativa di un prossimo rialzo dei tassi, dimostra di avere ben poca voglia di sganciarsi dai record storici, anche se vengono ora ritoccati in modo meno frequente e vistoso.

Ma ciò è quanto basta agli altri principali indici internazionali per proseguire l’ascesa: a Tokyo il Nikkei ha infatti infranto la resistenza a quota 18.500, tracciata sul massimo del 2007, così come a Londra il Ftse100 è riuscito a varcare, per ora di misura, l’ostacolo a ridosso della soglia di 7.000, che dal 1999 ha respinto decine di assalti rialzisti. In un simile contesto inter- market le piazze dell’Eurozona si presentano come le favorite per le prossime settimane, sostenute da un lato dall’avvio del Qe fissa- to dalla Bce per lunedì 9, accompagnato dal rinnovo della determinazione dell’Eurotower a prolungarlo oltre la scadenza del settembre 2016 se gli obiettivi di equilibrio congiuntura- le non saranno raggiunti, e dall’altro lato dal sensibile deprezzamento dell’euro, in grado di stimolare l’economia (già aiutata dal prezzo molto basso del petrolio) attraverso la spinta delle esportazioni.

Tra gli indici di Eurolandia esiste peraltro una grande varietà di situazioni: il Dax di Francoforte, punto di riferimento della moneta unica e caratterizzato da una nutrita presenza di titoli industriali ad alta vocazione internazionale, è fotografabile ben sopra il precedente doppio record storico del 2000- 2007 segnato a 8.155, che si confronta con l’attuale quotazione a 11.550, mentre le principali piazze periferiche, come quella italiana e spagnola, non hanno ancora fornito graficamente il segnale di uscita dai minimi del 2009-2012.

Nel mezzo si trova il Cac di Parigi, che ha varcato lo scorso 18 febbraio la linea che segna la metà strada del recupero tra il minimo del 2009 e il record storico del 2000. Il Ftse Mib, invece, deve ancora percorrere qualche settimana sulla via del rialzo prima di raggiungere quota 24.500, ovvero il punto massimo della reazione intercorsa tra il minimo del marzo 2009 e lo stesso minimo bissato nel 2012, quota raggiunta nell’ottobre del 2009 e mai più superata: varcarla significa sancire che i minimi sono alle spalle, avviando un recupero potenziale di più ampio respiro capace di portare anche l’indice di Piazza Affari al livello che segna la metà strada del recupero, che in questo caso passa per quota 28.500.

Prima di affrontare il più importante ostacolo a quota 24.500, il Ftse Mib è chiamato a superare il test, altrettanto impor- tante nel breve, in cui è impegnato da inizio mese: il massimo del 2014 segnato lo scorso giugno a 22.590 è infatti la resistenza da superare per riaprire la strada verso 24.500, il cui raggiungimento, a quel punto, sarebbe subordinato solo alla conquista dell’area intermedia di resistenza compresa tra 23.600 e 24.000. Per compiere questo percorso è necessario il contributo delle banche: l’indice Ftse Banks Italia è riuscito a conquistare in febbraio prima l’importante ostacolo grafico a quota 15.000 e poi la successiva resistenza a 15.700, su cui ha consolidato le posizioni fino a oggi in attesa di trovare l’adeguato flusso di domanda che gli consenta di sferrare con successo l’attacco nei confronti del primo osta- colo a 16.700, ma soprattutto nei confronti del successivo posto a quota 17.300.

Quest’ultimo livello è disegnato infatti sul doppio massimo del 2014, al di sopra del quale si aprirebbero ampi spazi di proseguimento del recupero (il primo obiettivo sarebbe individuabile in area 21.000-21.500 punti, con una resistenza intermedia a quota 19.000) che sarebbero in grado di sostenere l’ascesa del Ftse Mib lungo la strada indicata. Tra le banche Intesa Sanpaolo (anche nella versione risparmio) è sicuramente tra le big più interessanti, trovandosi già al test con il massimo del 2009, il cui superamento verrebbe interpretato come segnale di ampio respiro di uscita dai mini- mi: il guadagno di quota 3,03 euro, confermato sopra 3,12, aprirebbe infatti la via del ritorno sul livello a 3,35 euro, che segna la metà del percorso di recupero tra il doppio minimo del 2011-2012 e il massimo del 2007, al di sopra del quale l’area compresa tra 4 e 4,5 euro diverrebbe a portata di mano.

Tra le altre blue chip Banca popolare di Milano, forte del cambiamento in atto sulla governance delle popolari, spicca per la felice impostazione grafica: varcato a inizio febbraio il massimo del 2014 e successivamente la resistenza a quota 0,80, la capacità di consolidamento della posizione al di sopra di quest’ultimo sostegno mantiene sgombra la strada verso l’obiettivo di breve a 0,93 euro, al di sopra del quale si intravede il target di più ampio respiro posto a quota 1,2, che a sua volta è ancora ben distante dal massimo del 2009 segnato a 1,7 euro.

Tra gli istituti rimasti ancora più indietro spicca invece Ubi Banca, dove il guadagno del primo ostacolo a quota 7,3, ma soprattutto la resistenza a 7,55 euro tracciata sul massimo del 2014, lascerebbe intravedere un obiettivo di medio termine compreso tra 10 e 10,8 euro (massimo del 2009), previo superamento della resistenza di breve a quota 8. Al di fuori del- le banche, Atlantia, Autogrill, Fca e Finmeccanica sono le azioni da te- nere d’occhio: la prima si trova ora al test con il record storico del 2007 a quota 23,7 euro, il cui guadagno aprirebbe ulteriori spazi di crescita.

Autogrill, invece, ha già superato questa prova lasciandosi alle spalle a fine febbraio l’area compresa tra 7,5 e 7,75 euro, che ora funge da buon sostegno, così come sarebbe da sfruttare in acquisto ogni correzione di una certa consistenza da parte di Fca, soprattutto se si spingesse verso quota 12,5. Un ragiona- mento simile vale anche per Finmeccanica, la cui corsa partita a inizio anno lascia presupporre l’approdo sul massimo del 2009 a quota 13 euro, che sarebbe oggetto di un acquisto meno ansioso in caso di correzione fino a 10,3 euro, richiudendo il gap rialzista del 23 febbraio prima di riprendere l’ascesa.

0 commenti:

Posta un commento