lunedì 6 aprile 2015

Obbligazioni mercati emergenti, convengono ancora?

Le prospettive di crescita dei Paesi emergenti nel 2015 non sono molto diverse da quelle dell’anno appena trascorso, ovvero al di sotto del trend potenziale. A pesare, la discesa dei prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio che, per alcuni Paesi come la Russia, porterà a una contrazione del Pil.

“Ma anche il rallentamento della Cina, in parte voluto dalle autorità politiche per contrastare la rapida crescita del credito e degli investimenti, avrà ripercussioni in molti Paesi asiatici – spiega Luca Sibani, responsabile investimenti discrezionali e total return di Epsilon Sgr (gruppo Intesa Sanpaolo).

Più in generale, comunque, è la stagnazione del commercio mondiale che non depone a favore delle economie emergenti. In controtendenza, invece, le aspettative di accelerazione dell’attività economica dei Paesi dell’Europa dell’est, in virtù della ripresa attesa nell’area euro”. Conviene puntare sui bond dei Paesi emergenti? Le principali banche centrali dei Paesi sviluppati, non ultima la Bce, con l’annuncio di un programma di acquisto di titoli di Stato hanno schiacciato il rendimento delle obbligazioni governative, spingendo gli investitori a cercare soluzioni alternative di investimento, come obbligazioni emergenti in dollari o in valuta locale.

Rispetto a quelle denominate in euro esistono, tuttavia, rischi impliciti quali il rischio cambio e rischio credito, per cui è opportuno includerli all’interno di una gestione ben diversificata, coerente con il profilo del cliente. Per esempio, nel mio team gestiamo, tra gli altri, un portafoglio con un profilo di rischio medio-basso che mira a generare ritorni assoluti sui tre anni attraverso strategie d’investimento sui mercati obbligazionari dei Paesi emergenti a breve- medio termine.

Quali i Paesi su cui puntare?

La politica monetaria espansiva della Federal Reserve ha avuto un impatto positivo per le obbligazioni emergenti, perché molta della liquidità creata in questi anni ha finanziato la crescita del debito pubblico e privato di questi Paesi. Il timore che il rialzo dei tassi negli Usa possa invertire questo trend è legittimo, anche se la liquidità proveniente da misure di quantitative easing dell’area euro e del Giappone potrebbe arginare questo fenomeno. Ci aspettiamo un aumento dei rendimenti di tutte le obbligazioni denominate in dollari americani, seppure l’entità del movimento dipenderà molto dai fondamentali economici e finanziari dei singoli Paesi. Gli Stati meno vulnerabili sono quelli che, nel corso degli ultimi anni, hanno posto in essere le riforme e gli interventi necessari per tenere sotto controllo la finanza pubblica e i conti con l’estero. Mi riferisco al Messico, all’India e alla Turchia.

Ritiene più conveniente investire nel debito in valuta locale o sarebbe meglio coprirsi dal rischio di cambio? Investire in Paesi emergenti significa sopportare una maggiore volatilità dovuta in buona parte al rischio cambio. Neutralizzare quest’effetto comporta la rinuncia di una buona parte dei potenziali guadagni. Per ciò che riguarda le valute è sempre meglio puntare sui Paesi i cui fondamentali economici sono solidi e sono guidati da istituzioni credibili, come quelli che ho citato in precedenza, ampliando l’universo investibile per ottenere un portafoglio ben diversificato. In alternativa, è possibile acquistare titoli denominati in valuta forte, principalmente in dollari, soggetti fondamentalmente al rischio credito.

Analizzando i dati storici, rispetto al debito locale, questi strumenti potrebbero portare a risultati superiori nel caso in cui l’euro dovesse continuare a indebolirsi nei confronti del dollaro. Nel nostro portafoglio, per esempio, puntiamo a generare valore attraverso due componenti: la principale, meno volatile, investita in titoli in valuta forte con scadenze brevi e la seconda, che dà maggiore spinta alla performance, esposta in titoli anche in valuta locale.

0 commenti:

Posta un commento