Prendiamo i Cct Eu, indicizzati a tasso Euribor. I Cct più lunghi scadono nel 2020 e fissano la cedola con uno spre- ad di 80 basis points sul tasso Euribor a 6 mesi. Quest’ultimo, in linea con tutti i tassi di mercato monetario, è sceso fino a poco sopra i 10 punti base. Ed ecco la prima anomalia: lo spread del Cct è pari ad un multiplo del livello del tasso di riferimento a cui si applica. In pratica, nella determinazione del livello della cedola, l’incidenza dello spread è molto superiore alla incidenza del tasso variabile. Non solo. Il Cct in questione oggi tratta su prezzi di poco inferiori a 101,8.
Tenendo conto di questo elemento e della cedola corrente del titolo che è pari a 0,98, lo spread implicito complessivo vie- ne ridimensionato a 0,5%. In pratica acquistando il Cct ai prezzi odierni si effettua un investimento che ha un rendimento pari al tasso Euribor a sei mesi maggiorato di mezzo punto. E qui la co- sa si fa interessante. Sì, perché il Btp di analoga scadenza rende «solo» 0,75%, quindi un quarto di punto in più rispetto allo spread implicito del Cct.
Acquistando il Cct si rinuncia quindi ad un quarto di punto di rendimento, a fronte della indicizzazione al tasso Euribor a 6 mesi. Basta che nei prossimi 5 anni il tasso Euribor medio si attesti sopra lo 0,25% e l’investimento in Cct sarà sta- to più conveniente rispetto al Btp di pari durata acquistato oggi. Fin qui funziona il ragionamento tradizionale nel confronto tra titoli a tasso fisso e variabile. Ma la peculiarità delle condizioni di mercato odierne è che la componente di spread del Cct a titolo tasso variabile è talmente domi- nante da renderlo simile a un titolo a tasso fisso in caso di ribasso dei tassi. E questo rende il Cct oggi interessante: un titolo che si comporta come un titolo floater tradizionale in fase di tassi in sa- lita, ma che risente invece positivamente dei tassi di in discesa, quasi come se fosse un titolo a tasso fisso.
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