La deflazione, cioè il fenomeno di riduzione dei prezzi, è paradossalmente un fattore di estrema instabilità per il mondo dell’economia, della finanza e quindi del risparmio. Il paradosso sta nel fatto che se per i cittadini vi sono dei benefici in termini di stipendi, perché il potere d’acquisto della moneta aumenta nel tempo, per le imprese parallelamente ciò che ieri si vendeva a un prezzo ipotetico di 100 oggi si vende solo a 90.
Se la deflazione aumenta oltre un certo livello, dunque, c’è il rischio non solo che i magazzini di prodotti finiti si deprezzino, ma soprattutto che i prezzi di vendita scendano sotto i costi di produzione, innescando perdite. In questa situazione, alcuni beni si svalutano in quanto il loro prezzo, dopo un determinato periodo di tempo, è inferiore a quello iniziale.
Occorre dunque fare molta attenzione a selezionare strumenti di investimento i cui rendimenti sono definiti “decorrelati”, cioè non collegati, con l’andamento (negativo) del carovita. puntare sulla liquidità In caso di periodi di deflazione prolungata, la scelta più indicata è usualmente quella di restare liquidi, cioè di prediligere forme di risparmio che non sono collegate a strumenti vari ma che consentono di recuperare immediatamente il proprio capitale.
Quando il livello dell’inflazione è ridotto su soglie “fisiologiche” (come nel caso di un carovita annuo del 2%, obiettivo al quale tende la Banca centrale europea) e specialmente quando questo livello rimane stabile a lungo nel tempo si realizzano le condizioni migliori per gli investimenti. In questa condizione, infatti, l’economia funziona in modo efficiente e se ne giovano sia le imprese — che emettono azioni od obbligazioni — che lo Stato, che emette titoli del debito pubblico. In questa situazione, dunque, i risparmiatori hanno una duplice possibilità positiva: innanzitutto quella di poter progettare i propri investimenti basandosi su un ambiente economico stabile e, per quanto possibile, prevedibile; in secondo luogo, quella di poter “leggere” i rendimenti offerta dai diversi strumenti di investimento visualizzando in modo semplice la differenza tra tassi bassi, medi o elevati anche in termini reali (cioè al netto dell’inflazione), ai quali corrispondono pari livelli di rischio . un portafoglio adeguato
Nelle condizioni di inflazione stabile, il principale obiettivo del risparmiatore deve essere quello di costruire un portafoglio di investimento adeguato ai propri obiettivi, alla durata dell’accumulazione e al proprio livello di tolleranza al rischio. ... se i prezzi salgono In caso di inflazione elevata, cioè quando i prezzi aumentano in modo considerevole su base annua, il problema fondamentale per chi risparmia è conservare il proprio potere di acquisto. Cosa significa questo? Significa che se i risparmi fruttano dei rendimenti inferiori al tasso d’inflazione, il denaro che si ottiene al termine dell’investimento, pur aumentato nel periodo, ha un valore ridotto rispetto a quello che servirebbe per acquistare lo stesso bene che all’inizio dell’investimento aveva un costo pari alla somma investita nel periodo.
Per preservare il potere d’acquisto dei propri risparmi occorre dunque trovare strumenti in grado di riconoscere interessi superiori all’inflazione. Va da sé che se l’inflazione è molto elevata, il novero degli strumenti di investimento in grado di offrire questi ritorni superiori al carovita (che vengono definiti “positivi in termini reali”, cioè positivi una volta sottratta l’inflazione) si riduce drasticamente. il rapporto rischio/rendimento Poiché nella finanza ad alti rendimenti corrispondono sempre elevati livelli di rischio, il risparmiatore dovrà essere sempre consapevole del grado di incertezza elevato al quale si sottopone. Specialmente se le soluzioni che gli vengono proposte offrono rendimenti significativamente superiori a quelli medi di mercato.
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