lunedì 30 marzo 2015

Dove investire dopo il Quantitative Easing europeo

Con l’annuncio del quantitative easing (QE), l’Europa ha tirato un sospiro di sollievo. “Forse la Bce si è mossa un po’ tardi, ma per fortuna lo ha fatto – commenta Andrea Delitala, responsabile investment advisory di Pictet Asset Management – Il QE è principalmente uno strumento di contrasto alle forze deflazionistiche che, essendo di portata globale, esigono una risposta corale. Una risposta che c’era già stata da quasi tutte le banche centrali, esclusa la Bce”. Meglio tardi che mai, insomma?

Assolutamente. Bisogna però dire che Mario Draghi, presidente della Bce, è riuscito a recuperare il tempo perduto annunciando una manovra molto ampia. Stiamo parlando di 800 miliardi circa di titoli di Stato che verranno comprati dalla Bce. Se si immagina che l’impatto sia di una decina di punti base per ogni cento miliardi, il traguardo dei 100 punti base di spread sembra facilmente raggiungibile, a meno che non degeneri la situazione in Grecia.

Chi sono i veri vincitori del QE?

I vincitori netti sono i titoli indicizzati all’inflazione, in quanto i tassi reali dovrebbero scendere di più di quelli nominali. Inoltre, a trarre benefici saranno anche i Paesi periferici e, indirettamente, le Borse. Vede, c’è una zona di benessere dell’inflazione, che può essere individuata tra l’1% e il 2 per cento. Quando il costo della vita è all’interno di questo range, le aziende godono di multipli sul mercato più favorevoli. Dunque, l’aver allontanato lo spettro della deflazione può avere un effetto benefico sui multipli, in quanto si riducono le probabilità di uno scenario di rischio. Da solo, questo effetto vale circa una decina di punti di outperformance dell’Europa rispetto ad altri indici mondiali, come l’S&P. Quando si vedranno gli effetti sull’economia reale? Al riguardo nessuno ha una teoria convincente e comprovata.

Certo è, comunque, che l’effetto cambio, con l’euro che si sta deprezzando, favorisce le aziende esportatrici, sostiene la redditività attesa e quindi favorisce le decisioni di spesa per consumi e investimenti. Poi ci sarà un effetto ricchezza, generato dalle quotazioni di bond e azioni che saranno sostenute dal quantitative easing, e una maggiore creazioni del credito. Rispetto all’Ltro, il QE rappresenta un salto di qualità notevole nella modalità di immissioni di liquidità nel sistema, in quanto la si impone. Quali i principali rischi all’orizzonte? I rischi finanziari li vedo più da oltre oceano, con la Fed decisa, almeno a parole, a proseguire il cammino lungo la strada della normalizzazione. E d’altro canto il mercato ha molta paura che la locomotiva si inceppi: non a caso le obbligazioni Usa hanno valutazioni coerenti con una stagnazione secolare. Se le valutazioni azionarie non saranno del tutto coerenti con quelle dei bond, allora il rischio è che una delle due soffra perdite rilevanti quando si chiarirà cosa prevarrà tra forze deflazionistiche e sforzo reflazionistico delle Politiche monetarie.

E l’incognita Grecia?

Oggi l’Europa vive una crisi di competitività che va necessariamente risolta. A fare un passo indietro dovrà essere la Germania, accettando un differenziale di inflazione che le faccia perdere un po’ di competitività. Ma i tedeschi vogliono rimanere all’1%, lasciando altri Paesi in deflazione, e questo sfocia in risultati, come quello greco, che rischiano di disintegrare l’Europa. Se invece la Germania desse un po’ di agio agli altri, allora il processo di aggiustamento competitivo diventerebbe, almeno socialmente, più accettabile. Ciò detto, è chiaro che rinnegare gli impegni fiscali e sulle riforme è un atteggiamento che non troverà alleati in Europa.

Crediamo che il sentiero di minor resistenza sia quello di concessioni fiscali in cambio di rinnovati impegni, e non abbandono, sul fronte delle riforme. Le elezioni politiche in Uk possono rappresentare una minaccia per l’Europa? In questo momento, le elezioni Uk non spostano di molto gli equilibri.

Tuttavia, da un punto di vista psicologico, una vittoria del partito conservatore Tory potrebbe rappresentare un’ulteriore forza disgregatrice, al pari delle elezioni in Grecia e del referendum scozzese dello scorso anno, in quanto si paventa l’ipotesi di un referendum in cui sottoporre agli inglesi la possibile opzione di abbandono dell’Unione Europea (dopo la mancata adesione a quella monetaria.

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