giovedì 20 novembre 2014

Società di rating sotto inchiesta

L’accusa è grave: “Manipolazione del mercato”. Il danno patrimoniale arrecato allo Stato italiano enorme: 120 miliardi di euro secondo la Corte dei Conti. Dopo anni di indagine sono stati rinviati a giudizio dal gup di Trani il 28 ottobre scorso manager e analisti delle agenzie di rating Standard & Poor’s e Fitch. “La prima udienza del processo si terrà il 4 febbraio 2015 ma in queste settimane stiamo raccogliendo le adesioni per la costituzione di parte civile dei cittadini- risparmiatori che sono stati danneggiati dalle valutazioni espresse dalle agenzie di rating”, spiega al Salvagente l’avvocato Antonio Tanza vice presidente dell’Adusbef.

E proprio da un esposto dell’associazione presieduta dal combattivo Elio Lannutti il pm di Trani Michele Ruggiero - lo stesso che svelò i meccanismi usurari nel calcolo degli interessi delle carte revolving dell’American Express - aveva aperto l’indagine contro i “Signori del rating”. Manager e analisti di Standard & Poor’s (S&P), sei in tutto, sono accusati di aver fornito “intenzionalmente” ai mercati finanziari - tra maggio 2011 e gennaio 2012 - quattro report contenenti informazioni tendenziose e distorte sull’affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e di rilancio economico adottate dal governo italiano, “per disincentivare - secondo l’accusa - l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così, il valore”.

L’ultimo report sotto accusa è quello con cui S&P, il 13 gennaio 2012, decretò il declassamento del rating dell’Italia di due gradini (da A a BBB). Per Fitch sono imputati due manager, accusati di aver rilanciato - dal 10 al 18 gennaio 2012 – “indebiti annunci preventivi di imminente declassamento” dell’Italia, mai decretato ufficialmente dell’agenzia fino al 27 gennaio 2012, “così divulgando a mercati aperti informazioni che dovevano restare riservate, concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo degli strumenti finanziari”. Sempre per Fitch viene ipotizzato anche l’abuso di “prestazione d’opera” essendo l’agenzia legata al ministero dell’Economia in forza di un contratto di fornitura del servizio pubblico di rating - che Adusbef chiede che venga rescisso - in relazione alle emissioni di titoli di debito della Repubblica italiana. È naturale che, qualora venga confermato in fase processuale, che le informazioni diffuse erano “distorte” e hanno pregiudicato il valore dei titoli di Stato, il danno subito dai risparmiatori sarebbe evidente.

Spiega l’avvocato Tanza: “Stiamo raccogliendo l’adesione dei singoli risparmiatori, di coloro che, avendo acquistato o detenendo titoli dello Stato italiano possono essere stati danneggiati - vedendo deprezzare il valore dei loro titoli o rimettendoci in caso di vendita - a causa dei giudizi rilasciati dalle agenzie di rating nel periodo considerato. La costituzione di parte civile prevede il versamento di 25 euro, ovvero il costo dell’iscrizione alla nostra associazione”. La mail incriminata “Accuse infondate” è stata la replica da parte di S&P: “Crediamo fermamente che queste accuse siano completamente infondate e non supportate da alcuna prova. Abbiamo sempre fornito una opinione indipendente sul merito di credito dell’Italia”. Eppure le accuse mosse dalla Procura di Trani sembrano essere molto circostanziate. Secondo l’accusa, il giorno in cui l’agenzia declassò l’Italia - il 13 gennaio 2012 - esprimendo giudizi negativi anche sulle banche, il responsabile per gli istituti di credito di S&P, Renato Panichi, inviò una mail ai colleghi autori del report contestando loro di aver espresso giudizi contrari alla realtà sul sistema bancario.

La mail, sequestrata nei mesi scorsi, è stata letta dal pm Ruggiero, nel corso della sua discussione all’udienza preliminare, ed è la conferma secondo Adusbef di come funzionano i giudizi sul rating e “inchioda l’agenzia alle sue responsabilità”. Il contenuto delle intercettazioni compiute durante le indagini e la mail interna sequestrata, per l’associazione presieduta da Lannutti, testimoniano l’inattendibilità dei giudizi di rating espressi da S&P sull’Italia, e costituiscono gravissimi elementi di prova. Tra l’altro emergono contrasti tra analisti al vertice della società di rating e la deliberata volontà di declassare l’Italia pur in assenza dei presupposti, “come implicitamente dichiarato nella missiva dagli stessi analisti il 13 gennaio 2012, giorno stesso del declassamento”. Ora la battaglia si sposta nel processo che si apre a febbraio prossimo. “Una volta accertata la discrasia tra le informazioni fornite e la realtà dei dati - conclude l’avvocato Tanza - chiediamo che vengano risarciti anche i piccoli investitori che, nonostante i declassamenti e i pessimi giudizi espressi dalle agenzie di rating, hanno proseguito a credere nei bond italiani. Per questo è importante costituirsi parte civile nel processo contro i Signori del rating”.

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