Per quanto riguarda la crescita, il tema è particolarmente importante per l’Eurozona e il Giappone, perché altrove le economie crescono ormai da anni. «Nel 2015 pertanto sarà cruciale valutare l’impatto della politica monetaria e fiscale in Eurozona e delle riforme strutturali che alcuni governi stanno implementando » dice Claudio Barberis che cita in particolare il caso dell’Italia.
Dove investire?
Come va orientato allora in questo contesto di incertezze il portafoglio di investimento? Gli esperti continuano a credere nell’Europa. «Riteniamo sia utile mantenere un’esposizione azionaria sull’Eurozona, dove eventuali sorprese positive sono possibili» dice Barberis. La pensa così anche Fabrizio Quirighetti, capo economista di Syz Asset Management.«Crediamo che l’Europa possa essere l’area del mondo che trarrà maggiori benefici da un eventuale ritorno della crescita. I presupposti ci sono. Non solo. Se un avanzamento ci sarà a spiccare il volo sarà soprattutto l’Italia e il mercato azionario italiano perché è ancora molto sottovalutato».
Certo, sull’Italia non mancano le ombre, il Paese è «fuori dalla recessione, ma non ancora in fase di espansione e continuano le incertezze politiche unite all’elevato debito pubblico, ai costi di finanziamento e all’alta disoccupazione ma non è messo peggio di altri» dice Quirighetti. Per l’esperto è il momento di puntare sull’eccellenza delle mid-cap italiane.
Su quali settori puntare?
Negli ultimi 10 anni, il Ftse Mib ha reso l’1% annualizzato, contro il 2,14% del Ftse Italia mid cap. Per Alessandro Pacchiani, Fund Advisor di Oyster Italian Value i settori su cui puntare sono quelli dell’impiantistica, ingegneria, infrastrutture e costruzioni con nomi come Ima, Danieli, Tenaris, Buzzi, Cementir, Salini-Impregilo, ma anche Unipol e Dea Capital.«Per la prima volta negli ultimi due anni le aziende europee stanno rivedendo in positivo i propri utili» evidenzia anche Niall Gallagher, Investment Director Gam. Per l’esperto in Europa ci sono ancora potenzialità di crescita sui listini. «In generale – spiega - i titoli ciclici non hanno registrato una buona performance negli ultimi sei-nove mesi, sebbene i fondamentali in settori come i media spagnoli, i servizi di lavoro temporaneo in tutta Europa e i materiali edili in Irlanda siano buoni. Ci attendiamo una futura performance positiva».
Le obbligazioni battono le azioni?
In linea teorica in uno scenario deflazionistico, alle azioni andrebbero preferite le obbligazioni. Questo perché quando i prezzi scendono, le aziende faticano a difendere i propri margini di profitto. Al contrario con i prezzi in calo i rendimenti del reddito fisso diventano più appetibili dal punto di vista reale.«Questi principi generali però vanno corretti con due tipi di considerazioni – spiega Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Am –. In primo luogo la reazione delle politiche economiche e in particolare quelle monetarie con ilQe che possono correggere, almeno in parte, l’impatto della deflazione sostenendo, in prima battuta, le valutazioni di obbligazioni e di azioni».
E poi c’è il fatto che per decidere come investire bisogna sempre interpretare quanto dello scenario immaginato sia già incorporato nelle valutazioni di mercato. «Se la deflazione è già nei prezzi attuali allora non è più necessariamente vero che si debba comprare obbligazioni» dice l’esperto. Allo stesso modo l’Europa sottoperforma gli Usa di quasi il 10%da giugno a causa della divergenza di prospettive. «Ricordiamo tuttavia, che una sana costruzione del portafoglio contempera analisi degli scenari con le valutazioni perseguendo un’ampia diversificazione degli attivi» suggerisce l’esperto.
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