domenica 7 dicembre 2014

Perché vendere i Btp subito

Settimana scorsa ho finito di vendere i BTp con scadenza oltre i 5 anni, come da voi consigliato, trasferendo il capitale su un conto deposito. Tuttavia non mi sento tranquillo: se la Bce avvia il quantitative easing, ho l’impressione che i tassi resteranno bassi a lungo. Secondo voi ho fatto bene a vendere?

Sì, secondo noi hai fatto la scelta giusta. È vero che da molte parti si parla di un possibile quantitative easing, cioè del massiccio acquisto di titoli di Stato da parte della Bce per fornire liquidità al mercato (la mole di acquisti porterebbe i prezzi dei bond a salire e, di conseguenza, i rendimenti a scendere). Ad alimentare nuovamente queste voci hanno contribuito, negli ultimi giorni, da un lato la decisione della Banca centrale giapponese di adottare una decisione simile e dall’altro la revisione al ribasso, da parte dell’Unione europea, delle stime di crescita per il Vecchio continente, il che rende ancora più necessario trovare delle soluzioni per far ripartire l’economia.

Ciò nonostante, non ci aspettiamo tassi fermi ancora a lungo. Anzi, i rendimenti dei bond in euro, e dei BTp in particolare, hanno già cominciato a risalire, seppur lievemente, sia nelle aste di emissione sia nei prezzi di mercato. Il BTp 5,25 % 01/11/2029, che a settembre ti abbiamo consigliato di vendere a 128,27, vale oggi 126,03; il BTp 5 % 01/08/2034 è passato da 126,11 a 123,40, e gli altri bond si son comportati in modo analogo. ecco perché i tassi non resteranno bassi Prima di tutto, negli ultimi mesi i mercati hanno già anticipato la prospettiva di un quantitative easing, facendo crollare già da tempo i rendimenti di mercato.

Questo significa due cose: se la manovra sarà effettivamente varata, non ci saranno grandi margini per ulteriori ribassi, mentre se la prospettiva di un quantitative easing si allontana i tassi ricominceranno a salire sensibilmente. E a nostro avviso, non è affatto scontato che la Bce arrivi a varare questa manovra: è vero che le prospettive economiche sono state tagliate per l’intera eurozona, ma rimane ancora una “spaccatura” tra i Paesi più deboli, tra cui l’Italia, e quelli relativamente più “solidi” come la Germania. Il colosso tedesco, forte di stime di crescita ancora superiori alla media europea seppur ridimensionate, continuerà a fare opposizione a una politica monetaria troppo “permissiva”. Anzi, negli ultimi giorni si sono intensificate le voci di disaccordo all’interno dei vertici della Bce e le dichiarazioni rassicuranti, ma vaghe, seguite all’ultima riunione su un “accordo unanime” non bastano secondo noi a smentirle. In questo contesto, sarà sempre più difficile trovare il consenso per attuare altre manovre “di peso” oltre a quelle già in corso o comunque già annunciate.

Di conseguenza, man mano che il “doping” della liquidità della Banca centrale passerà in secondo piano, gli investitori torneranno a guardare con maggior attenzione all’affidabilità degli emittenti. E su questo fronte, le notizie non sono buone: per l’Italia si prevede che il rapporto tra debito e ricchezza prodotta raggiunga nuovi record nel 2015 (si parla di un 133,8 % dal 127,9 % del 2013). Con questi conti, il Tesoro non potrà remunerare a lungo i BTp con tassi che, fino a poco tempo fa, erano esclusiva di emittenti “supersicuri”.

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