venerdì 19 dicembre 2014

Tasse sull’acquisto della casa–tutto quello da sapere

tasse acquisto casaLe tasse sull'acquisto della casa non sono sempre uguali a parità di prezzo pagato e di tipologia di immobile (di lusso o meno) o di compravendita (prima o seconda casa): l'imposizione può basarsi infatti sul valore catastale se lo scambio avviene tra privati (cosiddetto "prezzo valore", da alcuni mesi applicato anche alle vendite all'asta) o sul prezzo effettivamente pagato, negli altri casi. Creando una "disparità di trattamento" che il decreto Sblocca Italia (in fase di approvazione definitiva al Senato) ha rischiato di divaricare.

Un emendamento poi bocciato dal Governo, infatti, aveva proposto di portare dal 4 al 10% l'Iva sulla vendita ai privati delle case di nuova costruzione (come copertura all'abbassamento dell'Iva sulle ristrutturazioni e sugli interventi di risparmio energetico qualificati, che sfruttano i bonus fiscali).
La modifica avrebbe penalizzato le imprese di costruzione in una fase di mercato già difficile e creato una rilevante disparità, nell'acquisto della "prima casa", rispetto alle operazioni fuori campo Iva (ad esempio quando il venditore è un privato o un costruttore dopo 5 anni dalla fine dei lavori e che non esercita l'opzione). Per le cessioni soggette a Iva, oltre a imposte di registro e ipocatastali di 600 euro complessivi, oggi si paga infatti il 4% sul prezzo di vendita (10% se non è prima casa; ma sempre escludendo gli immobili di lusso ex Dm 2 agosto 1969, che vedono l'aliquota al 22%).

Per le cessioni non soggette a Iva, si paga invece – oltre a imposte ipocatastali pari a 100 euro – l'imposta di registro del 2% sul valore catastale dell'immobile (9% se non è prima casa oppure se villa, edificio signorile o di pregio), con un minimo di mille euro. In questi casi la tassazione del trasferimento è indipendente dall'effettivo corrispettivo pattuito e indicato nell'atto, e vede come base imponibile la rendita catastale rivalutata. «La disciplina cosiddetta del prezzo-valore si applica agli atti a titolo oneroso che riguardano immobili a uso abitativo e relative pertinenze, dove vi sia un corrispettivo in denaro (compravendite) o non del tutto pecuniario: ad esempio permute, transazioni, divisione con conguagli. Non si applica alle donazioni», afferma Sergio Rovera del Consiglio notarile di Milano.

Nel concetto di "cessione" sono compresi quindi gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali parziali e di godimento, come la nuda proprietà o l'usufrutto. «Deve trattarsi comunque di cessioni soggette a imposta di registro, quindi non a Iva, nei confronti di persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, e risultanti da atto pubblico o scrittura privata autenticata. Il sistema prezzo-valore consente – prosegue Rovera – di operare in deroga alla disciplina dell'articolo 43 del Testo unico dell'imposta di registro (Dpr 131/86, ndr) che di regola impone di considerare il valore o, se superiore, il prezzo pattuito come base imponibile dei beni immobili oggetto di trasferimento». L'applicazione non è automatica, ma arriva dietro specifica richiesta che l'acquirente deve fare al notaio e da inserire nell'atto. E purché nell'atto stesso sia indicato l'intero prezzo pattuito: se viene occultato, si pagano infatti le imposte sull'importo totale, senza contare le sanzioni.

La norma, introdotta dalla Finanziaria 2006 (legge 266/2005, articolo 1, comma 497), è stata pensata per fare emergere i valori reali delle compravendite e disincentivare le cosiddette "simulazioni di prezzo": visto che non è quest'ultimo a esser tassato. «Dati statistici e studi in materia – spiega il notaio – hanno dimostrato un consistente ridimensionamento dei comportamenti simulatori, ormai privi di qualsiasi razionalità. Anche nell'ottica della normativa antiriciclaggio e di altri effetti positivi che derivano dal ricorso al "prezzo-valore": l'acquirente rafforza infatti la sua tutela nell'ambito della disciplina delle procedure concorsuali, delle prelazioni, della rescissione, delle responsabilità professionali».

Ci sono poi vantaggi fiscali in virtù delle detrazioni Irpef, che si determinano in proporzione al prezzo dichiarato, del corretto calcolo di eventuali plusvalenze, dell'inapplicabilità delle norme sull'accertamento induttivo. Il prezzo-valore vale anche nelle vendite all'asta. «In una prima fase – prosegue il notaio – si è dubitato circa l'applicabilità dell'istituto anche a questo tipo di vendite, ritenendo impossibile l'occultamento di un corrispettivo o del valore reale». Con la sentenza 6/2014, depositata il 23 gennaio, la Consulta ha invece dichiarato costituzionalmente illegittima la norma nella parte in cui non prevede l'applicazione agli acquisti effettuati in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto. Con la circolare 2/E del 21 febbraio 2014, l'Agenzia delle Entrate ha confermato l'applicazione della disciplina del prezzo valore anche in questi casi. E nella risoluzione 95/E del 3 novembre scorso ha stabilito che si può applicare anche in via retroattiva per gli acquisti all'asta per cui non sia ancora scaduto il termine per chiedere il rimborso sull'imposta di registro.

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