giovedì 22 agosto 2013

Investire in previdenza o mattone?

Previdenza o mattone? E’ l’alternativa che più solletica gli italiani, grandi fan degli investimenti immobiliari. Nella tabella e nel grafico qui a fianco potete vedere l’esito di questa sfida epocale, in cui abbiamo cercato, con l’aiuto di Progetica, di mettere alla pari queste due tipologie d’investimento.

Da un lato vi è la soluzione tutta previdenziale: un contributo mensile di quattrocento euro e un versamento una tantum (pari a quello dell'immobile, in modo da rendere omogeneo il confronto) in un fondo pensione aperto. Garantirà un vitalizio di scorta a partire dal pensionamento, fissato a 67 anni. Dall'altro lato vi è la scelta immobiliare: lo stesso importo di quattrocento euro viene utilizzato per pagare le rate di un mutuo, che finanzia all'80% l'acquisto di un appartamento: il resto viene da un versamento una tantum.

Con l'affitto dell'immobile si finanzia un piano pensionistico: la rendita dai 67 anni in poi è pari ai canoni d'affitto incassati, più il vitalizio liquidato dal fondo pensione. «A parità di tempo e versamento complessivo, la rendita liquidata dalla scelta puramente previdenziale è più alta di quella che otterrebbe chi punta sugli immobili», spiega Andrea Carbone, partner di Progetica.

Ad esempio con la soluzione previdenziale un trentenne avrà una rendita di 13.904 euro contro gli 11.250 che spettano a chi ha puntato sugli immobili. Il gap per un quarantenne è di 3.000 euro, sempre a favore della previdenza. «La differenza in termini percentuali è del 21% per un trentenne, ma aumenta decisamente con il passare dell'età, sino ad arrivare addirittura al 62% per un cinquantenne. Per integrare la pensione obbligatoria, insomma, la previdenza complementare è più efficiente».

Perde invece il confronto con l'immobiliare se si guarda all'intera ricchezza disponibile a vita media, considerando anche il valore residuo dell'immobile acquistato. «In questo caso la maggior rendita garantita dalla previdenza, pari a circa 50.000 euro, se si considera l’attesa di vita media di 88 anni arriva ad equivalere il valore residuo dell'immobile solo dopo, a 93 anni per i 50enni e oltre i 100 per i 30enni —spiega Carbone —. La strategia immobiliare risulta quindi premiante se si vuole anche lasciare un bene agli eredi».

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