lunedì 6 maggio 2013

Conviene investire in azioni turche ora?

Nel 2012 il listino del Bosforo con +50% è stato uno dei migliori del mondo, sull'onda di una serie di buone notizie economiche e per il fatto che Fitch aveva concesso il livello di investment grade. L'inizio dell'anno ha visto una consistente frenata ed è stato posto l'accento sui problemi ancora da risolvere. «Dopo una spettacolare ascesa, il mercato azionario turco non è più considerato conveniente»

investire-turchiaLa Turchia sotto molti punti di vista è uno strano paese e presenta caratteristiche che la rendono una nazione difficilmente catalogabile all'interno del gruppo degli emergenti. Non è infatti un esportatore di materie prime, anzi subisce in maniera pesante gli aumenti del prezzo del petrolio; è un discreto produttore industriale, senza essere un gigante del commercio mondiale, e ha un disavanzo con l'estero pesante; il mercato interno è giovane e vivace, senza però avere le dimensioni non solo dei colossi Bric, ma neppure di realtà come l'Indonesia, il Sudafrica o il Messico.

In questo contesto la borsa di Istanbul è stata caratterizzata da un'ampia volatilità: si è verificata infatti una pesante perdita nel 2011, annata caratterizzata anche da una forte svalutazione valutaria. La ripresa del 2012 è stata però spettacolare, con l'Istanbul National 100 che è aumentato di oltre il 50% in valuta locale (peraltro stabilizzatasi).

Che cosa è successo in questo biennio? Nel 2011 la Turchia ha messo a segno una crescita economica mostruosa (+8,5%), acuendo però alcuni squilibri strutturali. Il 2012 ha visto una parziale ma significativa inversione: il saldo delle partite correnti è sceso del 35%, tornando intorno al 6% del Pil. L'economia ha rallentato parecchio, crescendo di circa il 2,5%, ma con l'avvio della ripresa della propensione al rischio la Turchia è tornata a fare faville.

«Per quanto riguarda il 2013 riteniamo che la Turchia possa tornare a una crescita sostenibile del Pil, intorno al 5% annuo, grazie alla continua forza della domanda domestica, aiutata da buone condizioni demografiche, da un contenuto livello di indebitamento aziendale e privato, da tassi di interesse bassi e dai recenti sforzi governativi per affrontare il problema del deficit delle partite correnti ».

«Solo pochi anni fa, la Turchia era vista come estremamente sensibile agli shock congiunturali esterni ed era considerata economicamente problematica, con l'inflazione alle stelle, un elevato deficit delle partite correnti e una moneta debole. Oggi, benché la Turchia non sia completamente immune dai recenti conflitti, è ormai considerata da molti come una sorta di porto sicuro in una regione altrimenti alquanto critica.

L'agenzia di rating Fitch ha riconosciuto questo stato di cose innalzando il rating del paese a investment grade. Questa decisione potrebbe ridurre ulteriormente i costi di finanziamento per governo, banche e imprese, in parte perché i grandi investitori internazionali saranno ora in grado di puntare sulla Turchia.

Tuttavia, molti fondi pensione richiedono che siano almeno due le agenzie di rating ad assegnare lo status di investment grade e S&P e Moody’s ancora non si sono mosse in tal senso». In questo contesto, però, non tutta l'antica volatilità è scomparsa, visto il calo dei corsi azionari mostrato quando Moody's a sorpresa non ha portato lo scorso gennaio il debito turco sull'agognata soglia della rispettabilità. Nel frattempo investire sull'azionario turco nell'immediato può non risultare facile, viste le quotazioni non certo più da saldo di stagione.

Sempre Gregor Holek spiega: «Dopo una spettacolare ascesa, il mercato azionario turco non è più considerato conveniente e le valutazioni a sconto rispetto ad altri mercati emergenti sono in gran parte scomparse. Il paese, tuttavia, è ancora perseguitato da alcuni vecchi problemi, come l’elevato deficit delle partite correnti e la suscettibilità alle oscillazioni dei prezzi del petrolio».

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