venerdì 10 maggio 2013

Investire in Francia–quali azioni scegliere

Il nostro vicino, finora considerato uno degli assi portanti dell'Unione Europea e fino a qualche anno fa ritenuto in una situazione migliore rispetto alla Germania, sta affrontando problemi pesanti, che rischiano di metterne in dubbio l'equilibrio. Anche la nuova dirigenza politica andata al potere nella primavera del 2012 non sembra ancora avere trovato il bandolo della matassa

investire-azioni-franciaUn malato si aggira per l'Europa, anzi a ben vedere di malati se ne aggirano parecchi.Il problema è che il degente di cui stiamo parlando è in una categoria oltre il «too big to fail», dicitura che si adatta all'Italia e forse alla Spagna. La Francia, perché è questa la nazione di cui si sta parlando, è infatti oltre tale classificazione: se i mercati sono riusciti a gestire la possibilità di un intervento a favore di un colosso bancario locale, l'eventualità che lo stato francese possa finire in una situazione di tipo spagnolo è semplicemente terrificante. Per questo infatti a tale scenario finora non si è neppure arrivati vicini: anzi la curva dei tassi dei titoli di stato francesi ha goduto dello status di «rifugio sicuro della periferia.

Il problema è che se la Francia ha retto lo scontro con i bond vigilantes, la sua economia si sta allontanando sempre più da quella tedesca, ormai peraltro una delle pochissime ancora in semi-crescita, in un'Europa dove anche membri core come la Finlandia e l'Olanda sono in recessione. In pratica se una dozzina d'anni fa il paese transalpino aveva standard di vita e di competitività ai massimi livelli mondiali e alla pari, se non superiori, con la Germania, oggi gli stessi indicatori, da qualsiasi parte li si osservi, appaiono in uno stato di deterioramento impressionante.

Deficit dello stato, debito pubblico, saldo commerciale e delle partite correnti, produttività sono tutte grandezze fondamentali che oggi non sono più paragonabili a quelle del potente vicino. Indicativa appare la parabola del comparto auto nazionale.

Il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto del 30% dal 2000, mentre in Germania è aumentato del 10%. Negli ultimi anni in Francia vi è stato un processo di deindustrializzazione: ormai il comparto manifatturiero contribuisce per il 19% del valore aggiunto, a fronte del 28% in Germania.
La situazione non appare destinata a cambiare troppo presto, anche perché i problemi vengono da lontano.

La situazione appare tutt’altro che rosea, specie alla luce della stretta fiscale che dovrebbe avere luogo quest’anno, sommata agli effetti, certamente non pro-business, di alcune recenti iniziative di governo.
Se per la Germania e buona parte dell’Europa un primo trimestre di crescita negativa quest’anno dovrebbe essere seguito da un segno più nel secondo quarto dell’anno, per la Francia la prospettiva è di una prosecuzione della contrazione del Pil.

Quali azioni sul listino francese?

Se le difficoltà del paese sono evidenti, il listino equity parigino, che ha attraversato negli anni scorsi momenti difficili, offre una serie molto interessante di imprese capaci di muoversi efficacemente sul mercato globale. Poca fiducia, invece, nelle società che puntano tutto sui consumi interni.

Da una parte ci sono le ex aziende di stato, nonché alcuni grandi gruppi in settori poco innovativi: si tratta di società nelle quali noi non investiamo. Dall'altra ci sono i campioni globali, per i quali a Threadneedle vediamo un grande potenziale di rialzo e di cui siamo stati investitori chiave per anni.

Stiamo invece evitando i cosiddetti campioni nazionali. Per esempio, Bouygues, una conglomerata che opera in comparti che vanno dalle costruzioni alle telecomunicazioni e che fa il 72% delle sue vendite in Francia, Edf, la utility company che ricava dal mercato interno il 61% del fatturato, e France Télécom, che fattura nel paese la metà. Oltre a essere esposte a industrie che si trovano di fronte a problemi strutturali, quali le telecom e il nucleare, queste società sono altamente orientate a un mercato domestico stagnante e stanno vedendo regolari tagli nei dividendi.

Ma l'analisi non dovrebbe fermarsi qui. In Italia avete Luxottica e Pirelli e la Francia similmente ha alcune società dinamiche che operano all'estero con successo. L’Oreal, la società di cosmetici, deriva solo il 12% delle sue vendite dalla Francia, Pernod Ricard il 10%.

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