mercoledì 26 giugno 2013

Investire in azioni Corea–non solo Samsung

Fra i trend del 2012 si ricorderà senz'altro l’esplosione dei marchi coreani: l’affermazione dei prodotti di elettronica di consumo targati Samsung, soprattutto nel campo ad altissima crescita della mobilità, e il successo planetario di Gangnam style.

La Corea vanta un’economia estremamente avanzata e più diversificata di quanto normalmente si creda. La crescita dei propri gruppi industriali, non solo Samsung ma anche Hyundai, Lg, Lotte e altri, ha posizionato il paese come una moderna nazione industriale, con un Pil pro-capite superiore a 32 mila dollari e posizioni di leadership in campi quali la cantieristica avanzata, l’elettronica di consumo, l’acciaio, la chimica fine, la robotica e molti altri.

Il paese che fino a pochi anni fa era percepito come una piccola Cina, un bruto produttore industriale di medio livello, viene oggi chiamato il nuovo Giappone.

Se tutto ciò accade nell’economia reale, a livello finanziario il quadro è senz’altro interessante e ricco di opportunità, ma anche meno splendente. I mercati dei capitali coreani sono decisamente ben sviluppati: la borsa vanta un’ottima capitalizzazione, cresciuta anche grazie al fatto che il titolo Samsung Electronics, la holding per le attività It del gruppo, si è triplicato dai minimi del 2011 a inizio 2013.

La parabola di quest’azienda ha portato l’intero comparto It asiatico a superare i massimi borsistici del 2000. Il debito pubblico è basso (poco più del 30% del Pil), i bond locali, dotati di solido rating nel campo dell’investment grade, hanno vissuto anni d’oro: il rendimento del decennale, intorno al 3%, è attualmente ai minimi storici, pur continuando a trattare a tassi reali positivi.

In questa sintesi sono espressi i punti di forza e di debolezza nazionali: un’economia in grado di sfornare prodotti ad alto valore aggiunto, ma anche altamente sensibile al ciclo globale, e mercati finanziari ben organizzati, ma ancora per certi versi volatili e fragili. Per quanto riguarda il primo aspetto il Pil è cresciuto su base annua dell’1,5% negli ultimi due trimestri dell’anno, mentre per il 2012 la crescita complessiva probabilmente si è attestata poco sotto il 2,5%, un livello modesto per gli standard coreani.

Il won sembra sempre il grande incompiuto delle valute: si tratta di una divisa che, secondo qualsiasi metrica, appare decisamente sottovalutata, non riuscendo però mai a decollare.
Oltre alle tensioni politiche causate dalla non rassicurante presenza dei fratelli del Nord, indubbiamente i problemi strutturali precedentemente esposti incidono a creare quello che gli investitori chiamano comunemente il korean discount. Se si crede al progressivo riconoscimento internazionale del paese a livello finanziario e non solo industriale, le occasioni sono ghiotte.

Nello specifico la borsa di Seul appare ricca di gruppi dall’impronta ciclica, ma caratterizzati da un elevato valore aggiunto: ad esempio il team di ricerca globale di Hsbc inserisce Lg Chemicals, considerato da alcuni come il produttore di batterie più avanzato tecnologicamente al mondo, fra i titoli preferiti.

«Abbiamo una posizione rialzista sul won coreano, ma siamo corti di duration sull’obbligazionario locale. È vero che l’economia ha fondamentali solidi e rendimenti reali positivi. Riteniamo però che proprio la forza dell’economia locale renda il paese uno dei primi candidati a operare quel processo di normalizzazione dei tassi di interesse, che prima o poi inevitabilmente accadrà dappertutto».







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