martedì 11 giugno 2013

Piano Salva Casa–edilizia sociale

Un piano straordinario per sostenere il mattone. È quello che servirebbe oggi all'Italia affinché non si deprezzi troppo l'enorme patrimonio immobiliare tricolore secondo un articolo riportato su Milano Finanza. Sul modello di quanto già sta avvenendo in tutta Europa. Infatti per dare ossigeno ai mercati i governi di molti Paesi stanno studiando misure finalizzate a incentivare gli investimenti nel settore residenziale, come emerge da un'analisi dell'ufficio studi di Scenari Immobiliari che ha approfondito i provvedimenti varati all'estero per rilanciare il mattone.


Per esempio, in Francia nel 2009 è entrata in vigore la legge Scellier, che attribuisce agli acquirenti di un immobile nuovo destinato alla locazione la riduzione fiscale sul prezzo d'acquisto del 20%. In Germania è in fase di approvazione una legge che permette ai Reit (le società di investimento nel real estate) di possedere immobili residenziali, purché siano stati realizzati a partire dal 2007. Ciò convoglierebbe risorse importanti nel comparto residenziale, visto che un buon numero di società immobiliari quotate chiederebbe la conversione in Reit per portare avanti una politica di acquisti abitativi con notevoli vantaggi fiscali.

All'inizio del 2012 in Gran Bretagna sono state approvate misure denominate «First buy» e «New buy». Si tratta di iniziative finalizzate a sostenere il mercato delle nuove costruzioni, per aiutare le famiglie ma anche per incoraggiare la realizzazione di nuovi progetti.

Con il progetto First buy il governo ha stanziato 250 milioni di sterline che dovrebbero andare a beneficio di circa 10 mila famiglie che intendono acquistare la prima casa, a condizione che possiedano almeno il 5% del prezzo totale dell'immobile. Un altro 20% sarà anticipato, sotto forma di prestito quinquennale a interesse agevolato, per metà dal governo e per metà dal costruttore. L'iniziativa New buy è analoga ma è accessibile anche agli acquirenti di seconda casa, purché accettino di darla in affitto. In Italia, invece, manca una politica governativa finalizzata a incentivare famiglie ed investitori.

 «Si tratta di una grave carenza, poiché nel nostro Paese esiste una forte domanda potenziale, soprattutto da parte delle fasce deboli della popolazione. Se sollecitata e incentivata, anche attraverso un maggiore impegno da parte delle banche, tale domanda contribuirebbe in modo significativo a far ripartire il mercato residenziale», rileva l'analisi di Scenari Immobiliari. In Italia il mattone è sempre stato un bene rifugio per eccellenza, come dimostrano i dati di Banca d'Italia sulle scelte d'investimento degli europei. Una recente indagine ha calcolato che in media nell'area euro soltanto il 60% delle famiglie è proprietario della prima casa. Mentre in Italia questa percentuale sale oltre il 70%. Peraltro gli italiani possono contare su una ricchezza pro capite superiore a quella dei vicini europei: la ricchezza netta familiare è di 275.200 euro contro i 231 mila euro medi europei.

Questi dati derivano dalla forte capacità di risparmio che ha caratterizzato gli italiani nei decenni scorsi, ma anche dalla bassa propensione a indebitarsi. Certo, affinché parte di queste risorse tornino a essere investite sul mattone è necessaria una maggiore fiducia. Anche perché il mercato paga il prezzo della recessione economica, della stretta creditizia (diretta conseguenza del rialzo dello spread) e delle manovre che hanno tartassato proprio la casa. Prima è arrivata l'Imu introdotta dal decreto salva-Italia di fine 2011 che ha garantito un gettito all'erario di oltre 24,1 miliardi, quasi il doppio dei proventi assicurati dalla vecchia Ici. Ora sarà la volta della Tares, la nuova tassa sui rifiuti, che secondo le prime stime dell'ufficio studi della Cgia Mestre porterà un gettito di 8 miliardi rispetto ai 6 miliardi della Tarsu e della Tia. Non solo. Anche le erogazioni dei mutui sono bloccate perché le banche hanno stretto i cordoni della borsa e non li hanno ancora riaperti, salvo eccezioni, nonostante la discesa dello spread dai picchi di metà 2012.

Di fronte a tutto questo non stupisce che il 2012 sia stato un anno nero per il mercato residenziale italiano. «I segnali negativi sulle erogazioni di nuovi mutui si sono concretizzati nella seconda parte dell'anno in maniera sempre più accentuata, escludendo di fatto una quota considerevole di potenziali acquirenti dal mercato delle compravendite. Inoltre l'introduzione dell'Imu, oltre ad avere avuto un impatto reale sui bilanci delle famiglie, ha ridotto la propensione all'acquisto, soprattutto nelle fasce più deboli», osserva Scenari Immobiliari evidenziando che gli acquisti di case sono calati del 19,3% rispetto al 2011 (21,4% se si conteggia in metri quadrati) e il fatturato ha segnato un -8,7% in un anno. Complessivamente sono state realizzate circa 460 mila compravendite, 110 mila in meno rispetto al 2011. Con un impatto inevitabile sui prezzi.

Le grandi città hanno retto meglio, così come hanno tenuto di più gli immobili nelle zone di pregio. Mentre in provincia e nelle periferie la crisi si sente di più. «Lo spostamento della domanda all'interno delle grandi aree urbane è un fenomeno visibile da almeno due anni. Rispetto agli anni del boom (2006-2007), la discesa media degli scambi nei comuni capoluogo è stata del 40%, mentre nei comuni della provincia la flessione media è stata vicina al 50%», si legge nel rapporto di Scenari Immobiliari.

Senza una politica per la casa mirata il futuro resta incerto. «L'attuale assenza di stabilità politica ed economica e le perduranti difficoltà di accesso al credito fanno prevedere che nel 2013 il mercato residenziale resterà debole, con una tendenza al miglioramento soltanto nella parte finale dell'anno», sottolinea Scenari Immobiliari. Che prevede una leggera ripresa delle compravendite residenziali (+4,3% in un anno, ma con grandi differenze a livello locale) e del fatturato (+1,8%). «Le quotazioni scenderanno ancora leggermente, in linea con il quadriennio precedente, ma sempre con forti oscillazioni tra le varie zone urbane», afferma Scenari Immobiliari.

Una notizia positiva per l'Italia è che, al contrario di quanto accaduto all'estero, i prezzi non sono scesi drasticamente. Sempre Scenari Immobiliari rileva che i canoni medi nominali, in ribasso del 3,4%, hanno spinto i rendimenti al 3,5% annuo, il livello più basso degli ultimi 20 anni. La flessione media dei prezzi è stata invece del 2,3% (valori nominali), ma con notevoli differenze a livello locale. In particolare, si è aperta la forbice tra le quotazioni del nuovo, che fanno registrare forti ribassi anche a causa delle difficoltà di molte imprese di costruzione, e l'usato nelle zone centrali.

Per il 2013? Dall'ultima indagine del portale immobiliare Idealista.it, che ha monitorato l'andamento dei prezzi in 50 città capoluogo, emerge che, in un quadro a tinte fosche per la maggior parte dei centri monitorati, molti dei quali hanno registrato un'accelerazione a ribasso durante i primi tre mesi dell'anno, si intravedono spiragli di luce a partire dai grandi mercati del Nord Italia, dove i prezzi registrano una sostanziale tenuta rispetto agli ultimi ribassi. «Nel primo trimestre 2013 frena la discesa delle quotazioni a Torino (1,1%) e Milano (0,5%), quest'ultimo di gran lunga il mercato più stabile tra quelli analizzati, mentre continuano a soffrire Roma (-1,1%) e soprattutto Napoli (-2,2%), che accelera la corsa al ribasso», rileva Idealista.it. «Tra gli altri principali capoluoghi italiani Firenze e Venezia scontano maggiormente il calo dei prezzi; in queste città i proprietari hanno dovuto abbassarli rispettivamente del 4,4 e del 4%». In particolare, secondo lo studio di Idealista.it, il mercato milanese prosegue a singhiozzo sulla via della stabilizzazione con un prezzo medio di 4.047 euro al metro quadrato e con un calo dei prezzi di offerta di solo il 2,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, ma la città va ancora assorbendo gli eccessi degli anni precedenti la crisi che avevano alterato i valori immobiliari. «Nonostante l'inversione di tendenza registratasi nel primo scorcio del 2013, la prevalenza di variazioni negative interessa 15 delle 18 zone cittadine.

Le sofferenze maggiori in Comasina-Bicocca e Lorenteggio-Bande Nere; in controtendenza San Siro, Garibaldi-Porta Venezia e Navigli-Bocconi come a denotare che nelle zone medio-alte di prezzo i proprietari non hanno l'esigenza di abbassare le proprie pretese per vendere o più semplicemente credono che il mercato sia in grado di assecondare le loro richieste», spiega Idealista.it. Passando a Roma, si rileva che «il mattone capitolino segna un altro trimestre in rosso, ma rallenta la velocità di caduta segnando uno scarto negativo pari all'1,1%. Dopo l'ultima rilevazione il prezzo medio delle case nella capitale si attesta a 4.218 euro al metro quadrato Dall'analisi condotta dell'ufficio studi del portale di annunci immobiliari risulta che il trend ribassista in atto riguarda 17 dei 20 quartieri osservati.

Se lo scenario è difficile per il residenziale, anche nel mercato corporate i numeri sono sintomatici di una profonda crisi. Secondo Nomisma, a distanza di oltre un lustro dall'epilogo della fase espansiva il settore immobiliare italiano non sembra ancora avere esaurito il potenziale recessivo. «Il solo parziale adeguamento dei valori alle mutate condizioni di contesto rappresenta un'ipoteca sulle possibilità di ripresa a breve termine», si legge nell'osservatorio Nomisma. Ma non è solo una questione di prezzo. Sul mattone italiano pesa anche la bassa fiducia verso il Paese che fa fatica a uscire dalla recessione economica. «L'allentamento del vincolo di prezzo da una parte e la definizione di un assetto istituzionale credibile dall'altra rappresentano i passaggi obbligati affinché l'interesse degli investitori opportunistici stranieri possa finalmente concretizzarsi.

L'assenza di novità su tali fronti finirebbe inevitabilmente per prolungare l'attuale impasse relegando anche nel 2013 il mercato corporate sugli esigui livelli dello scorso anno. I neanche 2 miliardi di investimenti annui rappresentano infatti un riferimento irrisorio, che può essere spiegato solo alla luce dell'attendismo di gran parte della domanda potenziale», spiegano da Nomisma. Peraltro a Milano, dove sono in corso importanti opere di riqualificazione di interi quartieri, «l'assorbimento di nuovi spazi è diminuito di circa il 30% rispetto al 2011 e ciò ha comportato un aumento del tasso di sfitto a livello cittadino, che ha raggiunto l'11,3%. Le difficoltà nell'assorbire sia i nuovi spazi sia quelli già esistenti hanno spinto gli sviluppatori a ridurre notevolmente la pipeline e a differire molte delle iniziative in programma al fine di evitare l'accentuazione dell'eccesso di offerta», spiega Nomisma.

Questa situazione di stallo rende difficile la vita a chi vuole dismettere il proprio patrimonio immobiliare. «Banche, amministrazioni pubbliche e fondi immobiliari sono oggi alle prese con immobilizzazioni illiquide a fronte di vincoli temporali di realizzo molto spesso stringenti. L'ampliamento delle dimensioni del mercato risulta, a tal proposito, l'unico elemento di possibile salvaguardia per un sistema che altrimenti rischia nei prossimi anni di veder significativamente crescere il numero di default», si legge nell'osservatorio. Dove si punta il dito sulla bassa elasticità del mercato italiano in termini di prezzo e sulla resistenza del settore a incorporare la crisi nei prezzi.

In altre parole, chi vende non è disposto a concedere forti sconti e chi vuole comprare aspetta. Il tutto si traduce in un immobilismo che può risultare deleterio. Tanto da rendere quasi auspicabile uno shock che rimetta in moto il sistema. Sembra un paradosso, ma l'orientamento della Banca d'Italia di chiedere valutazioni più severe sulla valorizzazione degli immobili detenuti a garanzia potrebbe rivelarsi una scossa necessaria. «Credo sia uno shock pesante, ma è un passaggio necessario per allineare i valori degli immobili alle vere condizioni del mercato», dice Luca Dondi, responsabile del settore immobiliare di Nomisma. Il problema è che in questi anni di crisi si è creata una sorta di illusione sui prezzi del mattone. Le compravendite ai minimi e concentrate nelle aree del Paese più ricche e nelle zone più di pregio hanno creato di fatto una distorsione nei prezzi. I quali sono scesi meno di quanto sarebbe stato ipotizzabile. «Piuttosto che proseguire con questa stagnazione che potrebbe durare per mesi, una drastica riduzione dei prezzi crea le condizioni per ripartire, anche perché il mercato italiano ha una certa resistenza nei momenti di crisi a permettere una riduzione dei prezzi adeguata», aggiunge Dondi.

Una volta rivisto il valore delle garanzie immobiliari, con i necessari distinguo in base ai territori e alla tipologia di immobile, «si parte da un nuovo “pavimento” con cui tutti gli operatori del mercato possono confrontarsi», sottolinea Dondi. Certo, non sarebbe una passeggiata. Perché questa operazione di sistema non si abbatterebbe tanto sulla solidità delle famiglie, che di solito non sono interessate a smobilizzare il patrimonio investito nel real estate, ma sugli altri attori del mercato immobiliare, come i fondi e le società immobiliari, che dovrebbero fare i conti con prezzi molto rivisti. «È un'operazione da fare con cautela, ma in prospettiva ne vale la pena perché altrimenti si continua nell'immobilismo». Anche perché l'interesse a investire in Italia «c'è sul mercato corporate, soprattutto nel caso di immobili di qualità, e sono proprio i prezzi a frenare la ripartenza delle compravendite», dice Dondi. Diversa la situazione delle famiglie. Prezzi in calo permetterebbero nuova domanda per il mattone da investimento, mentre perché riparta anche il mercato della prima casa si deve registrare un ritorno della disponibilità a concedere credito da parte delle banche. «Ci vuole una strategia complessiva che accompagni la revisione dei valori degli attivi con modalità di sostegno della domanda», conclude Dondi. Si torna quindi alla necessità di un piano-casa che rilanci l'intero settore.

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