venerdì 21 giugno 2013

Previsioni mercati azionari per il 2013

previsioni-mercati-azionari-2013I mercati azionari sono euforici, ma attenti: dietro ci sono due pericoli. Nel breve, è all’orizzonte una correzione connessa alla stagionalità dello stacco dei dividendi e alle prese di beneficio dopo i consistenti guadagni. Sul lungo periodo incombono i pericoli di una crescita dei listini «pompata» dalle banche centrali più che essere sostenuta dai fondamentali dell’economia reale.

L’intervento delle autorità di politica monetaria, che stampano moneta, è comunque necessario per stabilizzare i mercati e restituire un po’ di fiducia agli operatori economici. Gli effetti di queste manovre sul lungo termine però sono tutti da comprendere, con ogni probabilità tutto si consumerà sui mercati finanziari con una correzione decisa per i mercati azionari, quelli che più stanno beneficiando dei rialzi.

Il listino azionario americano è cresciuto dai minimi del 2009 nel punto più basso della crisi finanziaria americana del 132%. Stringendo l’orizzonte di osservazione all’ultimo anno, i numeri sono altrettanto impressionanti. La borsa a stelle e strisce ha messo a segno in meno di sei mesi una performance del 16%.

Per chi non ha dimestichezza con numeri e percentuali, è sufficiente pensare che i livelli toccati negli ultimi giorni non sono mai stati raggiunti fin qui nella centenaria storia dei mercati finanziari americani.
Passando ad economie più vicine alla nostra come quella tedesca le cose non vanno diversamente. I guadagni sono vicini al 100% dal 2009, da gennaio fino a maggio la salita è stata invece del 10%, rendimenti molto interessanti se confrontati con il titolo di stato tedesco vicino per i tassi annuali all’1,32%. Sulle scadenze più brevi, fino a tre anni, per i titoli sicuri come questi, i rendimenti diventano addirittura negativi considerando tasse e commissioni bancarie.

E l’Italia? Nonostante il forte pessimismo che permea ancora l’intera società italiana, a partire da aprile, Piazza Affari è cresciuta del 15% ed è a un passo dall’annullare le perdite registrate da inizio anno. In poco più di 12 mesi invece l’ascesa è stata quasi del 40%. L’attivismo delle banche centrali. La borsa non è un affare solo per quel 4-5% di italiani che detengono un portafoglio titoli. Piazza Affari rappresenta ancora l’indicatore anticipatore più sensibile al ciclo economico. Si tratta ora di capire se prima o poi a «godere» di climi positivi sarà l’intero sistema economico reale.

Il passo si spiega con l’attivismo delle banche centrali. Le quattro dei paesi o aree tradizionalmente più sviluppate (Usa, Gran Bretagna, Ue e Giappone) stanno facendo il possibile e l’impossibile per fronteggiare la crisi dei sistemi economici che sovraintendono. Il tentativo è quello di contrastare la decadenza di competitività delle economie locali rispetto a quelle dei paesi che una volta erano definiti emergenti ma che in base ai dati attuali vanno considerati emersi.

Di quest’ultimo gruppo fanno parte non solo i paesi del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e del Sud Est Asiatico (Corea del Sud, Singapore, Malesia) ma più in generale tutti i paesi ricchi di materie prime e con bilanci poco indebitati. Gli emersi sottraggono produzione e restituiscono tensioni sui prezzi per maggiori consumi.

Le azioni poste in essere dalle banche centrali vengono definite non convenzionali; più brutalmente si tratta di stampare moneta. Una vera e propria accelerazione è arrivata con l’ultima mossa della banca centrale giapponese. L’intervento è stato cosi massiccio da trascinare verso l’alto anche l’Italia.

Lo tsunami di liquidità. L’istituto centrale giapponese ha inondato il mercato di yen, con una manovra dei primi di aprile. Con questo intervento si è raggiunto un vero e proprio salto di qualità delle manovre straordinarie. La Bank of Japan ha spiegato che continuerà a stampare moneta fino a quando l’inflazione non raggiungerà il 2%, al momento l’indice dei prezzi registra incrementi annuali negativi per lo 0,90%.

Qualche tempo prima gli Stati Uniti con la Fed hanno deciso di continuare a stampare moneta fino a quando la disoccupazione non raggiungerà il 6,50%, al momento è al 7,50%. Considerando gli attuali livelli di crescita del Pil a stelle e strisce ciò vuol dire che sicuramente per tutto il 2013 e parte del 2014 si continuerà in questa politica.

E non è finita qui. La manovra giapponese ha finito per alimentare delle prospettive di svalutazione dello yen sul lungo periodo. La moneta nipponica è da sempre considerata una valuta con la quale indebitarsi perché offre dei tassi di interesse molto bassi. La aspettative di uno yen debole per anni stanno rilanciando i finanziamenti con la moneta nipponica per impieghi in attività in altre valute con rendimenti più alti, una specie di bancomat mondiale.

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