martedì 4 giugno 2013

Rischio bolla su azioni e obbligazioni?

bolla finanziaria investimentiIl difficile viene ora, è la frase più gettonata in questi giorni tra gli addetti ai lavori del settore finanziario. Dopo settimane di crescita ininterrotta dei mercati azionari e di quelli obbligazionari, non è facile capire se ci sono spazi per un proseguimento del trend o se, al contrario, c’è il rischio di una bolla pronta a esplodere.

Anche perché le indicazioni che arrivano dal fronte macro, a partire da un’inflazione che sta frenando bruscamente, per proseguire con l’incertezza della ripresa e la debolezza del fronte occupazionale, sono in contraddizione tra loro. Proviamo a capire cosa sta succedendo a partire dai dati. In America la crisi è un ricordo lontano.


Investire sui mercati USA e europei

Negli Stati Uniti «Sell in may and go away» (Vendi a maggio e vai via) non sembra più di casa. Smentendo le regole della statistica, anche con l’arrivo della bella stagione i listini azionari di Wall Street hanno continuato a crescere, rinnovando a più riprese i massimi storici. Lo stesso vale per la Borsa di Francoforte, salita al traino dei titoli industriali e delle società più esposte sul fronte dell’export.

L’entusiasmo ha contagiato anche i paesi periferici dell’Eurozona, fi no a toccare Milano, che pure per i primi mesi dell’anno aveva oscillato intorno alla parità. Quadro macro pieno di incertezze. Un trend che trova poche giustificazioni nei dati macroeconomici: gli Stati Uniti quest’anno dovrebbero crescere meno del 2%, mentre la disoccupazione, per quanto in calo, risulta comunque su livelli elevati, intorno al 7,5%.

La Germania ha scansato la recessione, ma le ultime stime del Fondo monetario internazionale parlano per l’anno in corso di un rialzo non superiore allo 0,4%. La situazione è peggiore nel Sud Europa, con Spagna, Italia e Grecia in piena crisi, e persino la Francia in grande difficoltà. Peraltro, la corsa dei listini azionari è accompagnata da un rally del comparto obbligazionario, che ha portato a un sensibile restringimento degli spread tra titoli di stato italiani e tedeschi, un trend che ha contagiato anche le emissioni corporate. Dunque, non si è verificata la tradizionale turnazione degli investimenti da un asset class a un’altra.

Così, a meno di non pensare che i mercati guardino a una ripresa a breve, non resta che attribuire le tendenze in atto all’enorme liquidità che sta inondando i mercati finanziari. Le Banche centrali stanno proseguendo nelle loro politiche ultra-espansive e questo spinge gli investitori a riversare il denaro sui mercati finanziari.

Trend di lungo periodo o bolla? Così negli ultimi giorni ha ripreso vigore il timore che sui mercati finanziari si sia formata un’enorme bolla speculativa che potrebbe esplodere da un momento all’altro, provocando effetti a catena dalla finanza all’economia reale.

Eppure, a guardare gli indici di Borsa, non sembrano esserci elementi di particolare tensione. Il rapporto tra prezzo di Borsa e utili attesi dell’S&P500 (l’indice rappresentativo delle principali 500 società quotate a Wall Street) è attualmente di 15,5, in linea con la media degli ultimi dieci anni. In Germania lo stesso indicatore si posiziona a quota 12,5, due punti in meno dello scorso anno e sugli stessi livelli del 2011.

L’Italia si trova su livelli analoghi, e un confronto con gli Stati Uniti lascia spazi di rivalutazione intorno al 20% (fino a picchi di oltre il 30% per i titoli finanziari). Va comunque ricordato che questo indicatore non fornisce indicazioni valide in assoluto perché può bastare un peggioramento degli utili attesi (il denominatore del rapporto) per modificarne il giudizio.

Cavalcare la volatilità

Di sicuro c’è che lo scenario attuale si presta a una ripresa della volatilità, e qualche sentore in tal senso si è già avuto nei giorni scorsi. Può bastare un dato economico inatteso per provocare brusche oscillazioni dei listini in una direzione o nell’altra. Lo stesso Fondo monetario internazionale ha di recente sottolineato che le Banche centrali hanno contribuito alla stabilità finanziaria nel breve termine, ma lo hanno fatto assumendosi rischi finanziari nuovi per quantità e qualità, con esiti difficili da prevedere.

Sempre il Fmi ha fatto un parallelismo tra la situazione odierna e il 2007 (la vigilia dello scoppio della crisi), quando tra gli investitori vi era stata una corsa sfrenata verso i rendimenti più alti, senza considerazione dei rischi assunti. Per i risparmiatori che investono con un’ottica non speculativa, ma di medio-lungo periodo è il momento della prudenza. La selezione diventa fondamentale per chi investe con il fai-da-te, sia in campo azionario, che obbligazionario. Senza dimenticare le materie prime, che nelle ultime settimane hanno perso terreno in maniera considerevole (a partire dall’oro) sia per i segnali di ripresa arrivati dai mercati emergenti sia per il calo dell’inflazione.

Infatti, quando i prezzi dei beni di consumo salgono in maniera considerevole, gli investimenti tendono a spostarsi verso asset reali come le commodity. Non è certo questo il caso, se si considera che in Italia l’inflazione è scesa dal 3,3% di settembre all’1,2% di aprile, tanto che qualche analista inizia a ipotizzare l’arrivo di un trend deflazionistico. Ma proprio i recenti, bruschi cali delle materie prime quotate potrebbero essere l’occasione, per chi non ha questa classe di investimento in portafoglio, di considerarli in ottica diversificazione. L’alternativa è rappresentata dalla preferenza per gli strumenti del risparmio gestito, che affidano a professionisti le scelte di investimento e offrono l’ombrello protettivo della diversificazione.

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